“Arnaldo. Storia di un bresciano ribelle”: sulle tracce delle fonti storiografiche che raccontano la controversa figura del frate predicatore, nel saggio di Fabio Costa
Letto e recensito da Silvia Lorenzini per Brescia si legge
Una delle principali piazze di Brescia, lo storico liceo classico cittadino, associazioni culturali, varie attività commerciali: tante sono le realtà locali che si richiamano alla figura di Arnaldo, frate agostiniano e predicatore, condannato e giustiziato come eretico in pieno Medioevo.
Per quanto curioso sia questo legame della città con un personaggio che, a dire il vero, a Brescia trascorse ben poca parte della propria vita, l’immagine accigliata di Arnaldo che osserva severo i suoi concittadini dall’alto del monumento a lui dedicato, è ben presente a tutti. E chissà che qualcuno abbia anche notato la non casuale somiglianza del frate con Giuseppe Mazzini!
Fabio Costa, laureato in Scienze Politiche e in Scienze Storiche, propone nel suo “Arnaldo. Storia di un bresciano ribelle” (Marco Serra Tarantola Editore, 2023, acquista qui) un puntigliosissimo resoconto dello stato dell’arte inerente le ricerche sulla figura di Arnaldo.
La difficoltà di discernere fra le informazioni storiche
Il problema è molto semplice: Arnaldo da Brescia non ha lasciato nulla di scritto, ragion per cui la ricostruzione della sua figura storica dipende interamente da quanto affermano le fonti che, come tutte le fonti, possono essere incomplete o tendenziose, contenere informazioni inesatte o semplicemente riportare interpretazioni anziché fatti. Del resto, è proprio in queste delicate operazioni di distinguo che consiste il non semplice lavoro di uno storico.
Forse proprio a causa di questa situazione, buona parte del lavoro di Costa consiste nell’attenta disamina della metodologia di ricerca dello studioso che ha segnato con il suo lavoro le ricerche su Arnaldo. Si tratta, anche in questo caso, di un altro illustre bresciano, Arsenio Frugoni, storico medievista, già docente alla Normale di Pisa, padre di Chiara Frugoni, che ha pure dedicato tutta la propria vita alla ricerca storica.
Frugoni fu autore di alcuni contributi fondamentali sulla figura di Arnaldo, fra cui la corrispondente voce realizzata nel 1962 per il Dizionario Biografico degli Italiani e quella, uscita postuma nel 1970, curata per l’Enciclopedia Dantesca. Fabio Costa si occupa soprattutto di illustrare lo studio di Frugoni del 1954, Arnaldo da Brescia nelle fonti del XII secolo (già recensito qui), in cui lo storico riuscì, dopo decenni di studi non filologicamente corretti, a “ripulire” la figura del predicatore dalle incrostazioni accumulatesi su di lui e derivanti da un’analisi che non teneva conto della specificità delle fonti utilizzate relativamente al contesto storico-culturale in cui si erano formate. Costa ripercorre i giudizi di tre delle fonti esaminate da Frugoni, restituendo diverse letture coeve della complessa figura di Arnaldo: Bernardo da Clairvaux, Ottone di Frisinga e l’Anonimo lombardo.
Arnaldo, chi era costui?
Nato a Brescia alla fine dell’XI o all’inizio del XII secolo, Arnaldo, divenuto canonico agostiniano, fu discepolo di Pietro Abelardo a Parigi. Di spirito ascetico, una volta rientrato in Italia, iniziò a predicare la riforma del clero mondano, attaccando anche personalmente il vescovo della città Manfredo, che egli cercò di allontanare definitivamente da Brescia con l’appoggio dei suoi concittadini. Questo atteggiamento causò la reazione di papa Innocenzo II che intimò ad Arnaldo di allontanarsi dalla sua diocesi e di non farvi ritorno se non col permesso papale.
Decise perciò di recarsi in Francia, dove per le sue idee si inimicò Bernardo di Clairvaux. Ritiratosi sulla collina parigina di Santa Genoveffa, iniziò a insegnare «divinae litterae» a scolari poverissimi che elemosinavano per mantenere sé e il loro maestro fino a quando, per l’intervento di Bernardo presso il re Luigi VII, venne espulso dalla Francia. Nel 1145, ottenuto a Viterbo il perdono di papale giurata, Arnaldo si recò per un pellegrinaggio penitenziale a Roma dove era stato istituito un libero comune retto da un senato oligarchico e da un patricius. Il contesto romano restituì vigore alla predicazione religiosa di Arnaldo, offrendogli l’occasione di attaccare la Chiesa e, al contempo, di allargare ai ceti più popolari l’adesione all’indirizzo antipapale
La sua predicazione consisteva nella condanna totale dello stile di vita delle gerarchie ecclesiastiche. Tale condanna, tuttavia, «non si traduce in un’istanza di riforme, all’interno; con violenza eversiva, la Chiesa della tradizione e della gerarchia è tutta negata, in una richiesta pauperistica, di imitazione evangelica, essa solo fondamento di una nuova sacerdotalità. La radicalità di questa posizione, naturalmente, aveva il suo punto di incontro nella lotta romana contro il pontefice». Per questo Arnaldo decise di giurare fedeltà alla repubblica dei Romani che in cambio gli promise protezione, ma che successivamente, per paura di un cedimento del comune, decise di appoggiare la soluzione imperiale.
Arnaldo tentò di fuggire verso Nord, ma Odone, cardinale diacono di San Nicola in Carcere Tulliano, lo catturò “apud Briculas”, a Spedaletto, nei pressi di San Quirico d’Orcia. I visconti di Campagnatico riuscirono a sottrarre Arnaldo alla cattura, ma un’ambasceria di cardinali giunti a San Quirico ad incontrarsi con il Barbarossa riuscì a ottenere la consegna del fuggiasco come pegno di buona volontà. Secondo la testimonianza di Ottone di Frisinga, Arnaldo fu poi impiccato, il suo corpo fu bruciato e quel che ne rimase fu gettato nel Tevere, per evitarne la venerazione.
Un uomo odiato dalla Chiesa, ma amato dai concittadini
I giudizi delle fonti su Arnaldo sono vari. Bernardo da Clairvaux, deprecando la sua insofferenza verso le gerarchie ecclesiastiche, lo definiva, in una lettera al vescovo di Costanza, un “lupus magnus et ferus religandus … ne Christi irrumpat ovilia, oves mactet et perdat” (un lupo grande e feroce da tenere legato perché non irrompa negli ovili di Cristo, uccidendo e mandando in rovina le sue pecore). Ottone di Frisinga lo criticò per il suo ruolo politico, potenzialmente distruttivo per la pace fra Papato e Impero.
Di sicuro, al di là dei giudizi dei singoli, più o meno faziosi, quello che emerge è la figura di un Arnaldo intransigente fustigatore del peccato e dei peccatori, dell’usura, dello spergiuro, dei peccati della carne e, in questo contesto, giudice feroce di tutti i vizi del clero a lui contemporaneo, di cui Arnaldo mise a nudo impietosamente le mancanze.
La sezione finale del lavoro di Costa è, senza dubbio, la più scorrevole. Qui l’autore indaga le modalità di ricezione a Brescia della figura di Arnaldo.
Veniamo così a sapere che la fortuna del predicatore presso i suoi concittadini risale a un’epoca piuttosto recente. Infatti, solo dopo la liberazione dal dominio austriaco gli venne intitolato il liceo classico cittadino, esistente già dal 1797, ma con altro nome. Negli stessi anni, forse su iniziativa di Zanardelli, nacque la proposta di erigere in onore dell’illustre e ribelle concittadino un monumento nel contesto del neonato Regno d’Italia. Non ancora raggiunta l’unificazione della penisola a causa della difficoltà, per molti insormontabile, di includere lo Stato della Chiesa sottraendolo al Pontefice, l’Italia e Brescia furono travolte da un’ondata di anticlericalismo che portò a rispolverare ed esaltare antiche figure di celebri oppositori della gerarchia ecclesiastica, fra cui, appunto Arnaldo. Costa ripercorre in modo meticoloso il dibattito culturale che portò alla decisione di erigere nella allora piazza dei Grani il monumento all’illustre concittadino nell’agosto del 1882.
Chiude il lavoro di Costa un’interessante appendice fotografica che, oltre a riportare due bozzetti di Odoardo Tabacchi, l’artista a cui si deve la statua attuale, scartati dall’apposita commissione, presenta immagini che testimoniano la fortuna della figura di Arnaldo nel tempo (il pane di Arnaldo, una mostra sul suo monumento e tanto altro).
“Storia di un bresciano ribelle” è, dunque, una proposta stimolante per la suggestione proposta di (ri)scoprire una figura saldamente entrata a far parte dell’immaginario collettivo dei bresciani, ma, di fatto, più nota che realmente conosciuta.
Il volume resta, comunque, di taglio assai specialistico, rivolto soprattutto a coloro che si appassionano, più che alla storia, alle questioni di storiografia e critica storica e speriamo che possa preludere a un intervento futuro di taglio più divulgativo, senza dubbio appetibile ai tanti curiosi di scoprire qualcosa in più della ricca storia di Brescia.
Titolo: Arnaldo. Storia di un bresciano ribelle
Autori: Fabio Costa
Editore: Marco Serra Tarantola Editore 2023
Genere: Saggio
Pagine: 344
ISBN: 9788867773954
Se vuoi acquistare questo libro online, fallo attraverso questo link: sosterrai il progetto Brescia si legge.
Incontrarci non è stato facile, ora non perdiamoci di vista! Iscriviti alla nostra newsletter per essere aggiornato su ciò che accade sulla “scena letteraria bresciana”