“Fermate la produzione”: un luddista al tempo del metaverso tra mito, allucinazione e fantascienza
Recensione di Andrea Franzoni per Brescia si legge
“Quando protestavamo in fabbrica e in piazza ci lasciavamo sopraffare dal cemento, ora noi siamo la natura e invadiamo la metropoli con la vitale forza del puro inselvatichimento”.
Giovanni Peli, “Fermate la produzione!” (Calibano 2022)
Nel 2078 l’inquinamento avrà cessato di annerire il cielo, il centro di Brescia sarà invaso da una vegetazione lussureggiante e gli uomini, nutriti e medicati attraverso flebo, vivranno vite avvincenti in una realtà virtuale vivida e totalizzante. Chi ancora si vorrà ribellare non potrà far altro che abbandonare tutto per tornare alla natura: una natura potenziata e a tratti magica, ma anche amorale e selvaggia, agitata da guerre che sembrano uscite direttamente dal mito ma anche teatro di sensazioni vere, intense e atavicamente umane.
“Fermate la produzione! Diario di un arboricolo” (Calibano Editore, 2022 – acquista qui), il nuovo romanzo del prolifico autore, poeta, editore, musicista e bibliotecario bresciano Giovanni Peli, è un romanzo breve che racconta un futuro che oscilla tra la distopia, il mito e l’allucinazione. Ambientato in un mondo post-industriale e tecnocratico, in cui i confini tra magia, ingegneria e divinità sembrano essere caduti, il romanzo racconta la storia ed il punto di vista di un post-luddista che cerca di fondersi con la natura per fuggire alla pseudo-civiltà cui gli uomini si sono condannati.
Un romanzo agile e intrigante che, ammiccando al genere fantascientifico e distopico, esplora uno spazio letterario sospeso fra il mitologico ed il lisergico generando un mondo fantastico e terribile governato, più che dai nessi logici, dalle suggestioni, dai flussi di coscienza e dalla fantasia esuberante e poetica dell’autore.
Arboricoli, realtà virtuale e semidei del mare
Liberato dal carcere in cui era stato rinchiuso dopo aver partecipato a una sommossa luddista, il protagonista si ritrova catapultato in un mondo nuovo in cui sia le industrie che i mezzi di trasporto sono stati aboliti perché inquinanti e perché ormai inutili. Nel nuovo mondo, infatti, lavoro consumo e mobilità non si svolgono più nel mondo fisico e reale, bensì in una dimensione virtuale (che ricalca perfettamente l’idea di “metaverso”) cui gli individui sono connessi costantemente grazie ad appositi visori.
Se da un lato questo mondo virtuale governato da una casta di ingegneri è proliferato, diventando un’istituzione totale che governa interamente le vite degli umani, nel mondo “reale” va invece in scena il ritorno prepotente della natura. Le città deserte, in cui gli uomini non mettono ormai più piede in quanto occupati a vivere una vita virtuale, sono state infatti invase da piante ed animali che si aggirano tra palazzi abitati da corpi resi grassi e pallidi dalla sedentarietà e totalmente assorbiti dai visori attraverso cui accedono alla realtà virtuale.
Ancora una volta alla ricerca di una vita vera e libera, il protagonista decide rapidamente di abbandonare la città per entrare a far parte di una comunità di “arboricoli”, cioè di uomini che hanno rifiutato la nuova “civiltà” riallacciando il legame con la natura. Insediati in capanni costruiti sugli alberi, ed immersi in una natura forte e fantastica, dai tratti quasi mitologici, questi uomini che tornano ad adorare gli animali e che si lasciano andare a pratiche crudeli e disturbanti vivono da un lato sognando di distruggere una volta per tutte la “civiltà”, e dall’altro combattendo una guerra impari con un popolo enigmatico e dai tratti semi-divini, il popolo degli “uomini del mare”, comparso sulla scena sparigliando ulteriormente le carte.
Tra fantascienza e mito
Nelle circa 90 pagine che costituiscono il romanzo breve, l’autore non abbandona mai il punto di vista e gli occhiali del protagonista. Lontano anni luce dai mondi coerenti e un po’ didascalici raccontati da tanta science-fiction, il mondo raccontato da Peli attraverso lo sguardo visionario e non sempre lucido del protagonista assume così i contorni del mito prodotto da una vitalità priva di sovrastrutture e capace di riprendere il contatto con una dimensione ancestrale e selvaggia.
Adottando uno stile che ricorda quello degli oracoli dell’antichità, attraverso brevi monologhi e flussi di coscienza che procedono a strappi, Giovanni Peli snocciola una lingua elegante e vivace che sa alludere e connotare rinunciando al bisogno di spiegare ogni cosa. Emblema di questa enigmaticità il popolo degli “uomini del mare”: esseri dai tratti semidivini, forse nemici o forse alleati degli arboricoli, caratterizzati da poteri telepatici e da atteggiamenti bellicosi, le cui donne dai grandi seni si aggirano per i boschi cercando uomini con cui accoppiarsi. Così come, assolutamente in linea con la tradizione poetica, è la conclusione.
Evocando un tempo in cui gli uomini vivevano senza troppe mediazioni la natura e le pulsioni, in un universo incantato e inafferrabile, il romanzo di Giovanni Peli oscilla tra la fantascienza ed il mito spiazzando e “stordendo” il lettore con la sua fantasia multidimensionale. Alludendo forse al fatto che, mentre ci lasciamo cavalcare dalle prospettive “meravigliose” offerte della tecnologia e dai mondi virtuali, non siamo forse così diversi dagli uomini che millenni fa, posti di fronte ad un orizzonte altrettanto imperscrutabile, sentirono il bisogno – mentre si lasciavano trascinare dall’evoluzione della specie – di mettere ordine all’ignoto inventando i rituali, il mito e le grandi narrazioni.
Titolo: Fermate la produzione! Diario di un arboricolo
Autori: Giovanni Peli
Editore: Calibano Editore, 2022
Genere: Romanzo
Pagine: 90
ISBN: 9791280224583
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