Il castello di Montichiari: un falso pieno di fascino ispirato a un Medioevo idealizzato figlio dell’estro del conte Gaetano Bonoris

…poiché la fenomenologia del neomedioevo concentra in sé non solamente le istanze di un approccio nuovo al restauro dei monumenti, che proprio in questa fase inizia a gettare le basi per un indirizzo via via sempre più filologico e rispettoso del manufatto, ma anche il desiderio di attribuire valori simbolici ed evocativi ad una visione della storia che assume più i tratti di un romanzo storico, di un’invenzione, appunto, “in stile”, dell’allestimento di ambienti e di decorazioni in grado di ricreare, nella contemporaneità, quelle atmosfere perdute e favoleggiate nella nostalgia di un mondo cavalleresco che non ha nulla a che fare con la storia, ma è frutto dell’elaborazione di un mito.

Il fenomeno neomedievalista tardo ottocentesco come romanzo della storia – V. Terraroli, pag. 11

Il libro “Il sogno del Medioevo – Gaetano Bonoris e il castello di Montichiari” (edito da Grafo), curato da Paolo Boifava, è stato pubblicato in occasione dell’omonima mostra allestita a Montichiari lo scorso anno in ricordo del Conte Gaetano Bonoris, nella ricorrenza del centenario della sua scomparsa.

Un bel volume che, partendo dalla storia e dall’architettura dell’eclettico castello eretto a cavallo tra Otto e Novecento dopo non poche vicissitudini sulle rovine di un’antica rocca, racconta attraverso una carrellata di brevi saggi scritti da autorevoli studiosi uno dei personaggi più affascinanti del secolo scorso e cioè Gaetano Bonoris, ricco rentier e aspirante aristocratico, benefattore istrionico che molto ha dato alla comunità monteclarense sia sotto il profilo culturale sia – specie dopo la sua morte – sotto quello assistenziale.

Gaetano Bonoris nasce a Brescia il 21 gennaio 1861, da Achille Bonoris e Marianna Soncini. La famiglia vanta condizioni molto agiate, in quanto erede di un cospicuo patrimonio: il capostipite, Gaetano senior, da negoziante all’ingrosso nella Mantova del primo Ottocento era divenuto rapidamente prima ricevitore provinciale delle imposte e successivamente banchiere, realizzando così una straordinaria fortuna economica tramandata ai suoi eredi.

La biografia del nostro personaggio è intricata ed avvincente come un romanzo: dalle testimonianze dei suoi domestici, peraltro contraddittorie, egli risulta essere una persona chiusa, misteriosa, che dispone la distruzione – alla sua morte, avvenuta nel 1923 – di tutte le sue lettere, carte e documenti ma che lascia una cassaforte colma di banconote, gemme, gioielli e antiche monete d’oro per un valore, rapportato ad oggi, di oltre sedici milioni di euro. La notizia del ritrovamento valica i confini ed un quotidiano parigino evidenzia l’assonanza tra il Conte Bonoris e quello di Montecristo.

L’onorifico titolo di conte viene acquistato da Bonoris nel 1890, con il preciso intento di inserirsi nei nobili ranghi della monarchia sabauda ed allestire una sontuosa dimora in cui ospitare il re ed i membri della casa Savoia. Nello stesso anno si apre il cantiere per il rifacimento del castello di Montichiari, a quell’epoca poco più di una rocca in rovina.

Il progetto viene inizialmente affidato all’eclettico architetto Antonio Tagliaferri, ai vertici della propria carriera: egli aveva infatti già realizzato o progettato – tra i molti altri – numerosi edifici che si richiamavano allo stile neo-medievale, non soltanto a Brescia e in provincia, ma anche nel milanese. Si trattava di una sfida ambiziosa: oltre alla rocca, l’intervento prevedeva di porre mano anche alla chiesetta romanica intitolata a San Tommaso, con l’abside emergente sul costone orientale della rocca, e al circuito delle mura che collegavano la proprietà al paese. Tagliaferri, pur adottando alcune soluzioni forse assunte per compiacere il Conte, decise di mantenere un approccio storicistico e filologico, secondo uno stile “autenticamente falso”.

L’ambizioso progetto del conte, teso a creare una fiabesca residenza in foggia di maniero medievale, rientrava appieno nel gusto e nella moda che, reinventando un “Medioevo fantastico”, incarnavano la cultura romantica europea ottocentesca. Suggestioni lanciate dalla poetica del pittoresco e del sublime, ispirate dal giardino paesistico, dal romanzo cavalleresco alla Walter Scott, dalla pittura di genere storico, dalla scenografia teatrale, che avevano indotto ad eleggere il castello dell’età di mezzo a trasognata abitazione ideale. Bonoris si allineava alla tendenza affermatasi soprattutto negli ultimi decenni dell’Ottocento nell’architettura residenziale promossa dall’alta borghesia che, attratta dai risvolti più affabulatori e superficiali della storia, impresse un ulteriore sviluppo alla tipologia castellana, intesa come proiezione idealizzata di un Medioevo cortese che materializzava il sogno di un’aristocratica origine familiare, in realtà mai esistita.

Antonio Tagliaferri e il castello Bonoris – Un grandioso progetto per una rêverie medievale – Irene Giustina, pag. 45

I rapporti con l’archistar Tagliaferri però presto si deteriorano: l’architetto è logorato dalle continue interferenze mentre il neo Conte ha idee diverse in merito al suo castello ed arriva al punto, dopo lo sdegnato abbandono del cantiere da parte del primo, di distruggere tutto quanto fino ad allora eretto per ricominciare da capo. Il nuovo castello richiamerà quelli valdostani e quello del parco del Valentino a Torino.

Il volume è corredato da numerose splendide illustrazioni molte delle quali, riproponendo i meravigliosi disegni di Tagliaferri, ne fanno comprendere l’intento.

Nel 1923 Gaetano Bonoris viene a mancare: non ha eredi diretti e devolve la sua proverbiale fortuna alla Congrega della Carità apostolica di Brescia, che amministrerà una Fondazione a lui intestata con lo scopo, come stabilito dall’art. 3 dello Statuto, di “promuovere e sussidiare istituti, enti ed organizzazioni…delle province di Brescia e di Mantova in parti uguali, che abbiano per fine anzitutto di prestare aiuto e protezione a minori e giovani privi del sostegno familiare.”

La mancanza di alcuni affetti, compensata da un ruolo sociale eminente e da indubbie affermazioni nel mondo degli affari, si tradusse a più riprese in una larga e munifica attenzione agli ultimi, agli orfani e a quanti si prodigavano in favore di questi. A determinare la decisione più rilevante e qualificante contribuì di certo il rincrescimento di non poter tramandare a un erede diretto il nome, il titolo comitale – conferitogli nel 1891 da Umberto I – e le sostanze della famiglia.

La nascita della Fondazione conte Gaetano Bonoris – Mario Taccolini, pag. 101

Il libro risulta essere davvero molto interessante giacchè illustra approfonditamente la figura del  munifico conte e nello stesso tempo invoglia il lettore ad andare a visitare il maniero ed i tesori che custodisce, esempio di un mondo ricostruito e fiabesco ma non per questo meno evocativo.


Titolo: Il sogno del Medioevo – Gaetano Bonoris e il castello di Montichiari
Autore: AA.VV (a cura di Paolo Boifava)
Editore: Grafo
Anno: 2023

Genere: saggio
Pagine: 108
ISBN: 978 88 5493 080 3

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