La storia del santuario dedicato a sant’Angela Merici, la mistica bresciana che rivoluzionò la chiesa al femminile, in una ricca raccolta di saggi curata da Gianpietro Belotti
Letto e recensito da Candida Bertoli per Brescia si legge
Chiamata già dai contemporanei “la santa viva” (in quanto venerata ancora in vita), Sant’Angela Merici (1474-1540) è stata una mistica bresciana vissuta nel primo Cinquecento fondatrice di un nuovo modello di vita sociale che valorizzò il ruolo attivo della donna nel mondo e nel rinnovamento della Chiesa. A lei, e alla lunga storia di uno dei luoghi di culto più antichi e travagliati di Brescia oggi a lei dedicato, è dedicata la raccolta di saggi “Il santuario di sant’Angela Merici” (a cura di Gianpietro Belotti e edita da BAMSphoto 2024).
Un libro ricchissimo di particolari e dotato di un ampio apparato iconografico, che racconta da un lato la millenaria storia del santuario che sorge nell’attuale via Francesco Crispi le cui radici risalgono secondo la tradizione addirittura a un’antica necropoli romana, e dall’altro la storia di una tra le figure più rappresentative di un nuovo ed inedito modo di vivere la spiritualità, sorgente – per dirla con il sottotitolo del libro – del rinnovato umanesimo cristiano al femminile.
La lunghissima vicenda di un antico luogo di culto bresciano
La storia della Chiesa di Sant’Angela Merici si lega indissolubilmente alla memoria del martirio e alle reliquie dei patroni bresciani: l’intitolazione di San Faustino ad sanguinem, che è documentata dalla metà del XII secolo, identificava la chiesa come quella sorta sul luogo del martirio e della prima sepoltura di Faustino e Giovita e venne introdotta per distinguerla dal monastero carolingio di San Faustino nel suburbio occidentale, dove le reliquie dei due martiri erano state traslate dall’816
Monica Ibsen, op.cit., pag. 21
Il testo ripercorre la lunghissima vicenda storica della chiesa, sorta già dal IV secolo sul luogo in cui vennero martirizzati e sepolti i primi cristiani. Fuori dalle mura romane, ai margini settentrionali di quella che inizialmente era denominata “Porta Cremonensis”, si sviluppava una grande necropoli in cui la leggenda, nel tempo arricchita di innumerevoli particolari fantasiosi, vuole che siano stati uccisi e tumulati i martiri Faustino e Giovita. Certamente già dal IV secolo si sviluppò un’area funeraria privilegiata, in cui vennero sepolti i vescovi Latino e Faustino: la dimostrazione della destinazione funeraria di quell’area è testimoniata dai numerosi sarcofagi frammentari rinvenuti in loco ed in particolare quello del “Passaggio del Mar Rosso” ora conservato presso i civici musei di Brescia. Tra il materiale di recupero è interessante la vicenda del “Buon Pastore”, opera lapidea che inizialmente rappresentava un dio Ermafrodito. La sacralità ed il prestigio dell’area funeraria si mantiene nel tempo; nel periodo longobardo si ha testimonianza della sepoltura dei Vescovi Felice e Cuniperto, ed ancora spazi privilegiati erano garantiti per le inumazioni dei membri delle famiglie aristocratiche. Fonti del XIII secolo accreditano la presenza dei resti di innumerevoli martiri, cui fa seguito il rinvenimento dei resti di Sant’Afra e la conseguente nuova intitolazione della chiesa.
La fondazione della chiesa risale al IV secolo, testimoniata da Gregorio Magno. Con il XII secolo vengono intrapresi lavori di rinnovamento ed alla fase romanica è riconducibile l’erezione del campanile. Nel XVI secolo vengono avviati lavori di consolidamento e di adeguamento delle antiche strutture alle nuove esigenze: la comunità religiosa presente nella chiesa era senz’altro fiorente ed in espansione, talché gli scranni del coro erano addirittura 58.
San Faustino e Giovita primi e secondi
Nel 1580 San Carlo Borromeo autorizza la demolizione dei “martyrum carceres” posti nei sotterranei, ed a partire da quell’anno iniziano una serie di interventi tesi al rilancio del culto dei Santi patroni della città. Le reliquie dei Santi patroni, come già anticipato, erano state traslate nell’816 dalla chiesa di San Faustino ad sanguinem – ridedicata a Sant’Afra – a quella di Santa Maria in sylvis, parte del Monastero di San Faustino Maggiore, alle pendici del Colle Cidneo.
Forse a seguito delle prime demolizioni, nella vecchia San Faustino ad sanguinem venivano ritrovate nuove reliquie nelle quali si riconoscevano nuovi santi martiri, tra i quali due in particolare, Faustino e Giovita, per le quali veniva concesso il culto, riconoscendone tuttavia un’identità diversa da quella dei due già venerati e custoditi in San Faustino Maggiore. Il culto dei martiri Faustino e Giovita detti “secondi” in rapporto ai “primi” ai quali la tradizione aveva attribuito il patronato della città, era a tutti gli effetti debole e subalterno, ma sufficiente a rilanciare la chiesa e la memoria dei suoi martiri, tanto più che l’edificio, decrepito e non più adatto ai tempi, veniva ricostruito nelle attuali forme monumentali, proprio intorno al 1580, su disegno di Pietro Maria Bagnadore.
Don Giuseppe Fusari, op. cit., pag. 77
La decorazione dell’edificio, le cui opere sono frutto della selezione operata da Ascanio Martinengo da Barco – abate dei Canonici lateranensi che officiavano la chiesa dal 1519 – spostano decisamente il baricentro della pittura locale verso Venezia. Nella chiesa del Bagnadore arrivano così le opere del Tintoretto, del Veronese, di Palma il Giovane.
La presenza dei veneti non è solo in larga maggioranza ma si segnala anche per altri due motivi: il primo riguarda la scelta di affidare ad artisti di questa scuola tutti i dipinti legati alla storia dei santi della Chiesa: sant’Afra è celebrata nel momento del suo battesimo e in quello del suo martirio, così come i martiri bresciani che hanno una loro pala e sono affiancati alla santa titolare nel dipinto del suo battesimo; Faustino e Giovita campeggiano accanto alla pala dell’altare maggiore. Tutto questo serve a ricordare l’importanza “fondativa” della Chiesa come luogo dove si trovava il cimitero di san Latino e quindi l’origine stessa della fede nella città di Brescia.
Don Giuseppe Fusari, op. cit., pag. 85
Il volume riporta anche un’esaustiva guida artistica, a cura di Don Fusari. La chiesa venne distrutta durante la seconda guerra mondiale, riconsacrata nel 1956 e la ricostruzione riprende il progetto del Bagnadore. Fortunatamente le tele erano state custodite altrove e riportate in chiesa solo successivamente alla riedificazione, pertanto le opere hanno ripreso il loro posto così come voluto da Ascanio Martinengo nella sua pinacoteca ideale.
Angela Merici e la Compagnia di Sant’Orsola
Il volume si conclude con un’ampia dissertazione sulla figura di Sant’Angela Merici, nata a Desenzano, narrandone la vita e l’intuizione che ha portato all’istituzione della compagnia di Sant’Orsola. Ripercorrendo la vita terrena di colei che venne definita “la santa viva”, in quanto venerata ancora in vita, i suoi pellegrinaggi e le sue frequentazioni, impariamo a conoscerne la sua idea guida: Angela raccoglie accanto a sé donne che non professano i voti monacali ma vivono “nel mondo”, lavorando e prestando opere di bene ispirate ai valori cattolici. Intorno alla figura sapienziale di Angela Merici si raccolgono molte personalità dell’epoca, da Moretto ad Agostino Gallo.
Quando Angela torna a Brescia non è più la stessa pia donna partita per il suo primo pellegrinaggio. La geografia della sua vita spirituale l’ha plasmata, l’ha resa più intensa e profonda, sapiente, maggiormente atta a cogliere l’essenza spirituale delle cose. Torna carica di carisma: la santità della sua vita è ormai riconosciuta, dai Luoghi Santi di Gerusalemme a Venezia, centro dei traffici mercantili, a Roma, centro della cristianità, a Milano, forse il più importante centro produttivo italiano. In tutte queste città le si chiede di occuparsi delle nascenti strutture assistenziali verso le più gravi forme di emarginazione femminile, i Luoghi Pii, ma lei immancabilmente fugge per tornare a Brescia. Forse comincia a capire che il suo destino non è solo quello di recuperare la singola donna, caduta o sofferente, ma quello di riscattare l’essere femminile nella dimensione di una nuova via di perfezione spirituale.
Gianpietro Belotti, op. Cit., pag. 154
Cinque anni prima della sua morte, Angela – che già da tempo vive nelle stanze che i Canonici lateranensi le avevano messo a disposizione nel chiostro della chiesa (allora) di Sant’Afra ed oggi Santuario a lei dedicato – fonda la Compagnia di Sant’Orsola, in cui ogni donna consacrata può santificare la sua esistenza nella società ed in ogni campo dell’ingegno femminile. E’ di tutta evidenza che la società dell’epoca è restia ad accettare una collocazione nel mondo di donne che non siano chiuse nei monasteri o coniugate. Ma Angela, utilizzando l’espediente del matrimonio mistico delle sue compagne con Gesù, le consacra spose di Cristo; sono donne che costituiscono un nuovo modello di vita sociale e che sottolineano l’attivo ruolo della donna nel rinnovamento della Chiesa.
Angela verrà a mancare il 27 gennaio del 1540. Il suo corpo verrà esposto per trenta giorni nel Santuario oggi a lei dedicato, per permettere all’incessante flusso di fedeli di darle l’ultimo saluto.
Il libro è ricchissimo di particolari ed è dotato di un ampio apparato iconografico, che riporta le immagini della chiesa, di alcuni suoi particolari architettonici e non, nonché delle opere d’arte contenute. La lettura è gradevole e accattivante, a tratti curiosa. Davvero un libro da leggere con piacere, per riprendere le fila di una storia secolare.
Titolo: Il santuario di Sant’Angela Merici. Storia di una chiesa da luogo di martirio dei santi bresciani a sorgente del rinnovato umanesimo cristiano al femminile
Autore: AA.VV. – a cura di Gianpietro Belotti
Editore: BAMS, 2024
Genere: Saggio
Pagine: 223
ISBN: 9788897941651
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