Se la libertà altrui è ancora una colpa da giudicare. Intervista a Elisa Cuter tra Brescia e Berlino
Intervista a cura di Katiu Rigogliosi per Brescia si legge
Invece di incoraggiare l’occupazione femminile, di fare educazione sessuale nelle scuole, di finanziare i centri antiviolenza, di garantire aborto e contraccezione gratuiti, di stabilire il diritto al congedo di paternità (misure effettive che correggono la disparità tra uomini e donne) si lascia la questione alla condotta individuale, con i risultati a cui assistiamo.
Elisa Cuter, “Ripartire dal desiderio”
Da Ambra Angiolini sedicenne, comandata a distanza dal più noto Gianni Boncompagni, al movimento #metoo, nato negli ultimi anni dopo che alcune donne – parecchie donne – hanno denunciato i soprusi, le violenze e le attenzioni non richieste da parte di uomini facoltosi che, convinti che il potere sia la loro carta vincente, credono di poter avere carta bianca su tutte le donne del pianeta.
“Ripartire dal desiderio” (Minimum Fax 2020, acquista qui), il primo lavoro di Elisa Cuter, bresciana di nascita ma berlinese di adozione, è un saggio crudo, diretto, dove si parla di femminismo a 360°. Un saggio femminista, pubblicato da un editore tra i più interessanti del panorama nazionale (il romano Minimum Fax), scritto ancora una volta (come nei casi di Jennifer Guerra e di Giulia Cuter di cui vi abbiamo parlato negli scorsi mesi) da una autrice originaria della nostra provincia.
Per capire meglio l’evoluzione del mondo femminile negli anni compresi tra “Non è la Rai” e “Non una di meno”, Brescia si Legge ha intervistato l’autrice approfondendo i temi trattati nel libro senza tralasciare interessanti considerazioni sul nostro territorio.
Elisa Cuter, nata alla fine degli anni ‘80 e cresciuta a Brescia. Oggi, dopo aver studiato all’Università di Torino e Berlino, è dottoranda e assistente alla ricerca alla Filmuniversität Konrad Wolf di Babelsberg, collabora come autrice con magazine di informazione cinematografica ed è autrice del suo primo saggio, “Ripartire dal desiderio”, pubblicato con Minimum Fax.
Cosa l’ha spinta a partire dalla provincia bresciana ed arrivare sino a Berlino?
Guardarsi indietro a volte rischia di spingere a cercare una narrazione lineare anche dove a volte si è trattato di un caso, o di circostanze contingenti. Devo dire che nei miei spostamenti a spingermi è sempre stato lo studio: sono andata a Torino perché volevo laurearmi con Gianni Vattimo (e purtroppo non ce l’ho fatta perché è andato in pensione poco prima che iniziassi a lavorare sulla mia tesi) e poi a Berlino perché c’era una buona facoltà di teoria del cinema.
Col senno di poi posso dire che mi sono sempre mossa verso città man mano più grandi, ma anche se in parte c’era la voglia di vivere in una metropoli come Berlino, dopo 10 anni che ci vivo penso che alla fine lo spazio di vita che ci si crea al loro interno sia sempre commisurato alle proprie necessità e ai propri interessi, e a volte si finisce anche con il non sentire il bisogno di sfruttare le opportunità potenzialmente infinite che offre una capitale.
Nel suo saggio si parte dalle ragazze di “Non è la Rai”, con Ambra comandata a distanza da Gianni Boncompagni – quindi con una finta importanza della donna ma un reale comando maschile -, e si arriva al movimento #metoo, nato negli ultimi anni dopo lo scandalo Weinstein. Tra i due eventi, più di 20 anni.
Anni in cui le lotte femministe, con la discesa in piazza per la rivendicazione dei propri diritti, hanno portato a qualcosa di buono o la strada da percorrere è ancora lunga?
Io credo che la strada sia ancora lunga, non solo perché la mentalità sessista e retrograda è dura a morire, ma soprattutto perché a certi cambiamenti della mentalità non stanno conseguendo reali cambiamenti materiali, in termini giuridici e economici, che garantirebbero una parità effettiva. E questo per colpa di decisioni politiche più interessate a tutelare e incentivare i profitti che le persone.
“Finchè non si toglie lo stigma al vestito attillato che indossavo la sera che mi hanno palpato il culo a quella festa, finchè non si riconosce a una donna il diritto a voler sedurre e non le si riconosce contemporaneamente la stessa tridimensionalità di un uomo che ambisca a scopare, non saremo in grado di dire con chi e a che condizioni lo desideriamo, e di difenderci se ce lo vogliono imporre”.
Elisa Cuter, “Ripartire dal desiderio”
Essere convinte della mancanza di parità tra uomo e donna in certi ambiti e urlare al mondo che, anche se siamo nel 2021, le donne vengono sempre viste un passo indietro agli uomini, avere tutto questo ben chiaro in mente e venire da una piccola realtà come Brescia, ancora legata a certi sistemi patriarcali ormai noti: pensa che l’avrebbe vista in maniera diversa se invece che a Brescia fosse cresciuta in una grande città, come Milano, Roma o come Berlino, dove attualmente vive?
L’episodio che cita è successo proprio a Berlino: in un certo senso tutto il mondo è paese. D’altro canto è vero che tante riflessioni contenute nel libro le ho maturate proprio a Berlino, dove la cultura della vita notturna e la comunità omosessuale sono molto radicate. E’ stato il contatto con queste realtà che mi ha effettivamente aiutato a togliermi quello stigma e a metterlo in discussione, a pensare che anche se ero una ragazza avevo diritto a vivere liberamente i miei desideri senza preoccuparmi eccessivamente del giudizio esterno.
Non saprei dire onestamente quanto questo sia legato in generale al suo essere una grande città o alla storia specifica di Berlino. So per certo però che anche in città piccole è possibile creare una rete di relazioni con persone che non aderiscono alla mentalità ufficialmente associata ai piccoli centri, soprattutto per quanto riguarda i temi dei diritti civili e delle libertà individuali, perché è quello che è successo anche a me a Brescia negli ultimi anni. Probabilmente però le persone più aperte nelle città piccole finiscono col sentirsi più accerchiate dalla mentalità dominante (che resta tale un po’ ovunque, purtroppo) con la quale si trovano a più stretto contatto.
Parlando invece direttamente della sua città natale, pensa che sia una città viva culturalmente? O è dell’idea che ci sia ancora molta strada da fare per poter uscire e slegarsi dall’associazione Brescia = città industriale?
Per rispondere devo fare un confronto con Berlino, di nuovo riferendomi alle sue specificità più che al suo essere “una grande città”. Una cosa che apprezzo molto di Berlino, e che penso che sia ancora più importante del suo atteggiamento rilassato e aperto nei confronti del sesso e delle scelte private delle persone, è la percezione diffusa che il lavoro non sia un valore. Si tratta di una città nordica, certo, ma poco “produttiva” e ancora relativamente economica, e questo fa sì che molti giovani che vi abitano siano persone senza un piano preciso per la propria carriera, che usano la città per divertirsi, senza che ci sia niente di male in questo (anzi, la città ha capitalizzato e lucrato su questo in modo molto scaltro, in tutti i limiti che questo comporta). Questa è una cosa che credo che altre grandi città ad esempio non condividano, eppure è fondamentale.
Da persona che vive Brescia solo sporadicamente, mi sembra che effettivamente uno dei suoi limiti culturali sia, ancora prima dell’eventuale mentalità bigotta, il culto della produttività e del lavoro: è una città spesso classista ancora prima di essere sessista, ma questi due pregiudizi vanno spesso a braccetto e testimoniano di una percezione che vede nell’agire dell’altro una minaccia o una colpa da giudicare.
Elisa e Giulia Cuter, due sorelle che danno voce a tutti i malumori femminili, a tutti i soprusi e i gap lavorativi, e ci mettono di fronte alla dura realtà: quanta strada c’è ancora da fare per arrivare, su tutti i fronti, ad una vera parità uomo/donna. Com’è il rapporto tra voi? Vi siete supportate durante la stesura dei vostri saggi?
Siamo arrivate a occuparci degli stessi temi a partire da percorsi diversi, forse è una questione genetica! Scherzo, devo dire che non ci siamo influenzate molto a vicenda, abitando lontane ormai da tanti anni e lavorando in ambiti diversi, ma negli ultimi anni questo doppio binario ci ha avvicinato ed è bello discutere con lei e confrontarci da queste due prospettive.
Come dice Elisa Cuter nel suo primo lavoro letterario, guardare questa sofferenza è orribile, ma voltare la testa o chiudere gli occhi sarebbe complice.
La strada per la corretta parità di genere è ancora lunga, tortuosa, con ostacoli impervi e sorprese infinite. Ma l’unità e la fermezza nel richiedere i propri diritti è un passo che tutti, anche nelle piccole città industriali come Brescia, possiamo fare.
Titolo: Ripartire dal desiderio
Autore: Elisa Cuter
Editore: Minimum Fax, 2020
Genere: Saggio
Pagine: 214
Isbn: 9788833891842
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