La forza dei legami familiari nel nuovo romanzo della vincitrice del Premio Microeditoria di Qualità 2018

Recensione di Federica Zaccaria per Brescia si legge

Cosa c’è di meglio di una cena per riannodare i fili di un legame che il tempo ha messo alla prova? È quello che pensa Martina, la protagonista di “La cena dei cugini” (ACar, 2021 – acquista qui), nuovo romanzo della bresciana Sabrina Bignotti, quando decide di organizzare una rimpatriata con i propri cugini. Quasi una tribù, tredici per l’esattezza, con la quale la donna ha condiviso un’infanzia felice, spensierata, indimenticabile.

Ma, si sa, quando c’è di mezzo la famiglia l’inevitabile sbandamento verso una “nostalgia canaglia” è controbilanciato dal rischio di riportare a galla tensioni sopite, screzi inespressi, situazioni spiacevoli. Non si vedono da diversi anni Franco, Gianni, Alessia, Chiara e gli altri che hanno accettato l’invito della padrona di casa (tutti tranne tre). Ognuno ha seguito la propria strada, ha dato vita a nuove famiglie oppure si è concentrato sul lavoro e così il tempo e la volontà di tenere vive certe tradizioni familiari sono venuti meno.

Ecco, dunque, che questi “sopravvissuti” si ritrovano seduti a un desco che, nella forma e nella ricercatezza della “mise en place”, nulla ha a che vedere con quelli che venivano organizzati nella grande casa della nonna durante le feste. A quel tempo il servizio di piatti sbrecciato o i bicchieri di vetro di ogni giorno nemmeno venivano notati. L’unica cosa veramente importante era il piacere di ritrovarsi, per gli adulti così come per i più piccoli. 

La magia interrotta dell’infanzia

E quel profumo, ora lo capiva esattamente, era profumo di casa, di famiglia, di genuinità, di amore. La forma si piegava e prendeva il sopravvento l’essenza vera, il significato della festa: accogliere, condividere…

Sabrina Bignotti, “La cena dei cugini”

Erano i suoni, i sapori, gli odori dell’infanzia. Era la magia che solo gli occhi dei bambini sanno cogliere: nella tavola apparecchiata senza tanti fronzoli, nella polenta fumante, nelle prelibatezze riservate esclusivamente ai giorni di festa. La magia dello stare insieme, un rituale che si perpetua per anni e che poi, quasi senza accorgersene, però si interrompe. La vita allontana e la magia dello sguardo infantile è solo un ricordo lontano. E, infatti, nessuno dei cugini è oggi più un bambino. Sono tutti passati al “lato oscuro” della maturità, di una vita adulta che, in modi diversi, li ha segnati, delusi, feriti. 

Esattamente come era successo a loro: avevano condiviso la stessa danza, sulla medesima musica, ad un ritmo identico. Poi erano stati dispersi dal vento della vita, ognuno nella propria direzione.

Sabrina Bignotti, “La cena dei cugini”

Come risulta ben presto evidente a tutti i commensali, dopo un primo guizzo di emozione calda e sincera, l’oro dei tempi andati è ormai appannato. Il ricordo ha perso quell’aura di sacralità che lo ammantava, si fa ombra, insetto molesto da allontanare con un gesto stizzito della mano.

Al momento del caffè basta una parola male interpretata, un sopracciglio alzato, una malevola battuta di troppo perché il precario equilibrio si spezzi. Il clima si fa teso e tutto l’affetto, la tenerezza, la dolcezza dei ricordi lascia il posto a un fiume in piena di recriminazioni, accuse, odiosi voltafaccia. 

I ricordi migliori sono quelli che devi lasciare andare

Emozioni si intrecciavano rincorrendosi, aggrovigliandosi, mescolandosi e dissolvendosi subito dopo. Nessuno osava parlare: sguardi eloquenti indagavano, spietati ed accusatori. Ogni gesto era un segnale d’allarme. La pesante coltre dell’incertezza e soprattutto del sospetto appesantiva le spalle di tutti.

Sabrina Bignotti, “La cena dei cugini”

Ma come è possibile che il tempo possa creare una distanza così netta tra persone che hanno condiviso i momenti più felici, spensierati, formativi della propria esistenza? E ha senso cercare a tutti i costi di rimanere ancorati a un passato che da un lato ci chiama in continuazione, facendoci rivivere sensazioni struggenti e falsamente perfette, mentre dall’altro ci respinge chiedendoci conto di comportamenti, errori, mancanze e giudicandoci senz’appello?

Martina queste domande se le rivolge incessantemente per tutta la serata, in balìa di emozioni contrastanti: determinata a salvare la serata, ma anche profondamente amareggiata per le aspettative deluse e per il comportamento di uomini e donne che vede quasi come estranei. Con un originale escamotage, l’autrice porta la protagonista a pacificarsi con sé stessa e con i suoi amati cugini. Ritrovare le proprie origini, riavvicinarsi agli affetti più profondi è un passaggio inevitabile quando gli anni che abbiamo alle spalle sono presumibilmente più numerosi di quelli che ci attendono nel futuro.

Ma idealizzare troppo quello che è stato, insistere nel volgere lo sguardo indietro non fa altro che renderci ostaggio del passato. Mentre, in fondo, per non fare sbiadire i ricordi felici e renderceli per sempre cari, per accudirli e proteggerli, basta lasciarli dove sono. Solo in questo modo i legami familiari riescono a sopravvivere, accettando che siamo noi ad invecchiare e non i ricordi.

“Martina guardò i cugini ad uno ad uno: il tempo era stato piuttosto clemente con loro; aveva lasciato traccia di sé in modo differente sui visi, ma non ne aveva modificato i tratti in modo eccessivo; negli occhi conservavano la stessa luce di allora, la stessa luminosità, lo stesso desiderio di indipendenza, di libertà.

Sabrina Bignotti, “La cena dei cugini”

Titolo: La cena dei cugini
Autrice: Sabrina Bignotti
Editore: ACar, 2021

Genere: Romanzo
Pagine: 149
ISBN: 9788864902715

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Federica Zaccaria

Classe 1973, nata a Milano con radici miste piemontesi-venete-pugliesi, una laurea in filosofia come alternativa alle sedute di psicoanalisi, vengo dal mondo dell’editoria e della comunicazione. Sono una lettrice onnivora e per me, da che ho ricordo, i libri sono inseparabili compagni di viaggio, amici gentili, mai invadenti ma sempre presenti. Leggo rigorosamente su carta, in confortevole solitudine e il più possibile lontana dal molesto sottofondo del mondo.

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