“La fabbrica e il quartiere”: la storia inquinata dei quartieri Fiumicello e Primo Maggio nel saggio di Filippo Zorzi
Recensione di Katiu Rigogliosi per Brescia si legge
Il caso dello stabilimento chimico della Caffaro, a Brescia, è tra i più noti non solo a livello nazionale per più di una ragione. Si tratta, innanzitutto, di uno dei siti più inquinati al mondo.
Luigi Pellizzoni, La fabbrica e il quartiere – prefazione
Un saggio che vuole avvicinare quanti più lettori al dramma e allo scempio lasciato dalla Caffaro, raccontando come questa fabbrica cittadina abbia per decenni avvelenato i terreni e condizionato le vite dei residenti, ma anche tutto ciò che ha ruotato e continua a rotare attorno a questo disastro ambientale protagonista da decenni della cronaca, delle inchieste e del dibattito cittadino.
Filippo Zorzi, sociologo dell’ambiente bresciano specializzato nell’analisi dei fenomeni urbani e territoriali, con il suo lavoro “La fabbrica e il quartiere” (edito da Agenzia X, 2022 – acquista qui), riesce perfettamente nel suo intento. Espressione di una “nuova generazione” di sociologi dell’ambiente, esperto di disuguaglianze socioecologiche, cultura e mobilitazioni locali, l’autore (classe 1990) si occupa di progettazione sociale e dello studio dell’impatto delle politiche di pianificazione sulle comunità locali. Con un linguaggio semplice ma al contempo deciso e, soprattutto, preciso, il saggio di Zorzi riesce infatti ad appassionare anche il lettore più disattento, spiegando l’evoluzione di un territorio – quello dei quartieri Fiumicello e Primo Maggio – che, da semplici aree contadine, sono diventate periferie industriali avvelenate.
Una rovina lunga decenni
Il quartiere Fiumicello, nell’area attorno a via Milano, fino al quartiere Primo Maggio, nella zona compresa tra via Rosa e via Lunga, è stato fino ai primi anni ‘60 area prettamente agricola. Con la realizzazione dell’Iveco in via Volturno e la creazione di aziende dell’indotto negli spazi circostanti, la zona ovest della città di Brescia ha pian piano cambiato i propri connotati, diventando sempre più industriale, per far fronte alle richieste economiche e lavorative del tempo.
Tra i protagonisti di questa progressiva espansione dell’industria in direzione Ovest, lungo via Milano, la Caffaro: un impianto chimico, il più grande e importante, capace di portare lavoro e sviluppo per generazioni di lavoratori, ma anche di lasciare una pesante eredità negativa sotto forma di danni, inquinamento, morti.
Sin dai primi anni del secolo scorso, quando se ne cominciò la costruzione e l’avvio lavorativo, fino all’anno della chiusura definitiva, l’azienda – passata di mano in mano sino agli attuali proprietari – ha infatti sfruttato non solo il terreno per costruire e ampliare i propri stabilimenti, ma ha riversato sui terreni stessi, nelle falde acquifere e nell’aria scarti di lavorazioni, sostanze tossiche, oli non differenziabili.
Il progetto di bonifica
Qualcosa finalmente sembra muoversi e nel febbraio 2021, la procura ha clamorosamente disposto il sequestro dell’impianto, tre dirigenti dell’azienda sono stati accusati di disastro ambientale e deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi.
Filippo Zorzi, La fabbrica e il quartiere
Alla luce di questi fatti è stato imposto un custode giudiziario per garantire il funzionamento della barriera idraulica, un chiaro segno di quanto la situazione si sia aggravata a causa della prolungata mancanza di interventi necessari.
È del 2003 la sentenza, tardiva, che inserisce il perimetro della Caffaro nel sito di interesse nazionale per il grave inquinamento da PCB. Da allora avrebbero dovuto partire le bonifiche e le sistemazioni ambientali, ma la burocrazia, le vecchie leggi ambientali, gli atti in tribunale con sentenze e ricorsi, hanno fatto sì che, a oggi, il progetto di bonifica sia purtroppo ancora ben lontano dall’essere compiuto.
È quindi solo negli ultimi anni che, grazie a nuove associazioni ambientaliste, all’interessamento più pressante da parte del Comune e della Provincia e all’unione degli abitanti che, puntualmente, scendono in piazza per richiedere i loro diritti, se i progetti di bonifica sono diventati più reali, i fondi economici statali cominciano ad essere stanziati e l’obiettivo di rendere l’area meno pericolosa non è più visto come solamente un miraggio.
Un plauso sicuramente va all’amministrazione comunale, che negli ultimi anni ha deciso di mettere mano ai problemi di questa zona: il progetto “Oltre via Milano” nasce proprio per riqualificare un’area non solo dal punto di vista ambientale, ma anche e soprattutto cittadino, con iniziative volte alla ristrutturazione e all’ammodernamento degli edifici, delle strade e alla creazione di attività socio-culturali comuni. Perché la dismissione della fabbrica non solo ha continuato a creare inquinamento ambientale, ma ha anche impoverito le strade circostanti ed i vecchi edifici un tempo abitati dagli operai trasformatesi spesso in abitazioni di fortuna per le classi più povere ed emarginate, o in sede di traffici illeciti.
Un “confine interiore”, quello tra la zona della Caffaro ed il resto della città, che è dovere di tutti contribuire a risolvere e a trasformare – come racconta nel suo libro Zorzi – in un campo di opportunità.
Per molto tempo la politica ha lasciato la questione della Caffaro e di via Milano ai margini della propria agenda. […] La città ha iniziato a guardarsi dentro, e lentamente sta riscoprendo un confine interiore che si sta trasformando anche in campo di opportunità.
Filippo Zorzi, La fabbrica e il quartiere
Sarà il tempo a chiarire se queste verranno colte o meno, se i tentativi di recupero creeranno ancora più segregazione e marginalizzazione, o se riusciranno a essere all’altezza delle aspirazioni, dei bisogni e delle dichiarazioni di intenti.
Titolo: La fabbrica e il quartiere
Autore: Filippo Zorzi
Editore: Agenzia X, 2022
Genere: Saggio
Pagine: 160
ISBN: 9788831268738
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