“La storia sommersa del lago”: un patrimonio di memoria che emerge dalle profondità del Garda
Recensione di Silvia Lorenzini per Brescia si legge
“Dedicato alle persone che, a qualsiasi titolo, si sono trovate a navigare o sorvolare le acque del Lago di Garda e che, per naufragio o per incidente, hanno qui perduto la loro vita”.
La storia sommersa del lago, Luca Turrini
Scoprire il lago di Garda, investigando il suo fondale: questa è l’interessante proposta del bellissimo volume “La storia sommersa del lago” di Luca Turrini, edito nel 2022 da Euroteam. Attraverso i resti delle imbarcazioni (ma non solo) che sono adagiati sul fondo del Benaco, Turrini riesce a raccontare parte della storia del lago, quella cioè della navigazione, delle barche, degli uomini, delle merci che nei secoli hanno solcato per mille motivi lo specchio d’acqua benacense, senza mai arrivare al porto a cui erano diretti. Da questo particolare punto di vista emerge (è proprio il caso di dirlo!) un quadro insolito e affascinante del Garda, audacemente investigato e puntigliosamente documentato dal Gruppo Volontari del Garda.
I tesori sepolti sul fondale del lago più grande d’Italia
È risaputo che il lago di Garda sia il più grande d’Italia. Luca Turrini ci fa conoscere alcuni dati non così noti, ma che ci aiutano a comprendere le specificità dell’enorme bacino lacustre. La superficie dell’acqua, ad esempio, è (mediamente) a 64 metri sul livello del mare. Lo specchio d’acqua si estende per 366 kmq, per un volume complessivo di circa 50 milioni di metri cubi. La lunghezza massima della costa è di 52 km, la larghezza massima di 16, mentre il perimetrale della costa si sviluppa per 165 km. La profondità massima – che si raggiunge nella zona dell’Alto Garda – si aggira attorno ai 350 m. Altro dato significativo e curioso: il ricambio completo delle acque avviene in circa 30 anni.
In questo contesto, il fondale del lago di Garda ha la peculiarità di essere formato da depositi limacciosi dalla forma di dune o piccoli avvallamenti, in perenne movimento per via delle correnti. Il fatto che il fondale non sia appiattito determina che qualsiasi cosa che vi si adagi non sprofonda inesorabilmente sotto il sedimento. Gli oggetti più piccoli, invece, sono continuamente sommersi e scoperti dal movimento delle dune, ragion per cui alcuni relitti possono non essere visibili al momento di un’immersione, ma notati successivamente.
Di tutti i reperti rinvenuti sul fondo del lago, il volume di Turrini riporta descrizione e un ricchissimo corredo fotografico di una selezione dei relitti ritrovati dalla Squadra di Ricerca Subacquea in tre decenni di attività.
Dopo una sezione introduttiva dedicata ai sistemi di ricerca subacquea e agli strumenti in uso allo scopo, Turrini procede a documentare quanto si è riuscito a ricostruire riguardo ai relitti ritrovati.
Si tratta per lo più di barconi da carico utilizzati per il trasporto di merci, ma vi sono anche piccole imbarcazioni da pesca e da cabotaggio.
In alcuni casi si tratta di relitti di vecchi barconi inutilizzabili che, una volta disarmati, venivano condotti al largo e affondati al fine di disfarsene (sono riconoscibili dal fatto che non hanno a bordo alcun accessorio utile per essere reimpiegato in nuove imbarcazioni). La maggior parte dei resti, però, sono la chiara testimonianza di un naufragio, dal momento che le merci trasportate sono ancora presenti sull’imbarcazione. E’ questo, il caso, ad esempio, di un “sandolo” adagiato in acque venete e risalente a un’epoca tra il 1660 e il 1770: il relitto conserva ancora in posizione verticale il suo albero, ma il resto della chiglia è stato interamente coperto dal fango che vi si è depositato sopra, solidificandosi e coprendo il carico originario.
I carichi rinvenuti testimoniano l’esistenza di un’attività commerciale fiorente: si tratta per lo più di materiali da costruzione (laterizi, mattoni, coppi, lastre di pietra, ma anche blocchi di marmo giallo di Torri), attrezzi agricoli, vasellame.
Alcuni, pochi, relitti risalgono a un periodo imprecisato, addirittura precedente al Medioevo: vista la sua posizione di collegamento fra l’area trentina, veneta e la pianura padana, le acque del Garda sono infatti state solcate fin dall’antichità con imbarcazioni di tipo diverso. Le acque dolci del lago consentono, del resto, una minore corrosione dei resti lignei o ferrosi rispetto a quanto potrebbe avvenire in mare.
Un tuffo nel passato della navigazione lacustre
Le vicende umane che si celano dietro a questi relitti sono molteplici e possono essere ricostruite anche grazie all’aiuto di documenti storici o, per quanto riguarda l’epoca moderna, di articoli di giornali che riportano l’eco della notizia. Si tratta spesso di storie tragiche, come quella di Mary Bonne Kifer, giovane moglie dell’atletico aristocratico Nicolò degli Albizzi, morta affogata il 16 luglio 1921 in seguito al rovesciamento del cutter su cui si trovava con il marito per una gita estiva. O come quella del “Titanic” gardesano, la cannoniera “Sesia”: l’8 ottobre 1860 la cannoniera, adibita dal Governo italiano al servizio di trasporto di viaggiatori e merci, salpò dall’Isola di Garda, verso l’alto lago. In pieno clima risorgimentale (l’anno precedente si era combattuta nell’entroterra gardesano la sanguinosissima battaglia di Solferino) per quel giorno era stata organizzata una regata, per lo più su iniziativa di alcune famiglie aristocratiche locali, fra cui gli Arvedi, per manifestare contro la fucilazione avvenuta qualche giorno prima a Torri del Benaco di un ragazzo italiano colpevole di aver incitato alla diserzione un gruppo di militi italiani con divisa austriaca. Lo sdegno suscitato dall’avvenimento avevo indotto molti ad aderire alla regata dimostrativa, in ricordo del gesto eroico del giovane. Per questo motivo, la cannoniera Sesia era carica di passeggeri, fra cui molti erano donne. Alle 12.15, dopo aver fatto scalo a Limone, la caldaia della vaporiera esplose (forse perché portata al massimo della sua potenza), provocando la morte di 42 persone. Solo pochi si salvarono.
Altre vicende ci riportano ad atti di eroismo e a fortuiti salvataggi: il 18 febbraio 1938 un certo Enrico Magni riuscì a salvare la vita di due uomini in balia di un fortunale, tuffandosi nelle acque del lago per poter dare loro una cima a cui potersi aggrappare per essere trainati sani e salvi fino a riva da un’imbarcazione di salvataggio.
Un’ultima, ma ampia, sezione del volume è infine dedicata ai relitti di origine aeronautica e a quelli di cui si conosce l’esistenza, ma la cui posizione ancora non è stata individuata esattamente.
Il libro riesce, dunque, a far conoscere al grande pubblico molte delle vicende legate alla storia delle navigazioni sul Garda (che “per tanti secoli hanno forgiato l’economia e la vita stessa delle comunità che l’hanno abitato”), salvando nelle sue pagine splendidamente illustrate echi ed episodi che avrebbero rischiato di venire cancellati dall’inesorabile opera demolitrice del tempo.
Un lavoro certosino che nasce da passione e dedizione
Luca Turrini è il responsabile delle Ricerche Strumentali Subacquee del Gruppo Volontari del Garda, una realtà che nasce nel 1983 come organismo indipendente e autofinanziato in grado di coprire un’ampia gamma di specialità nell’ambito dell’antincendio, del soccorso e della Protezione Civile. Il Gruppo si occupa di una serie di attività connesse in vario modo con il Garda e il suo territorio, come la gestione di una squadra agonistica di canottaggio e di un Servizio Sanitario con ambulanze. Nello specifico, la Squadra di Ricerca Subacquea opera nell’ambito della protezione civile e si occupa di scandagliare, su richiesta o in affiancamento alle istituzioni pubbliche, le profondità del lago.
Titolo: La storia sommersa del lago
Autore: Luca Turrini, Gruppo Volontari del Garda
Editore: Euroteam, 2022
Genere: Saggio
Pagine: 164
ISBN: 9788890735189
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