Di perbenismo e di travestimenti. “Lei, Armando” e la comunità trans nel Carmine degli anni settanta

I nostri classici” sono una selezione arbitraria di libri bresciani usciti qualche tempo fa, che – per qualche motivo – hanno lasciato il segno.

Recensione di Chiaraluna Cinquini per Brescia si legge

”Prima di tutto bisogna accettare sé stessi, e in secondo luogo combattere da dentro le ipocrisie ed il conformismo di questa società e non conformarvisi. Bisogna avere il coraggio di rivendicare che siamo tutti diversi, non che siamo tutti uguali: questa sarebbe una grande liberazione per tutti”

Armando Borno in “Lei, Armando” (Morellini 2017)

Chi abita a Brescia ha probabilmente sentito raccontare, almeno una volta nella vita, qualche storia ‘pittoresca’ sulla zona del Carmine. Il malaffare e la marginalità hanno dimorato a lungo nel quartiere e la storia della prostituzione in Camine è talmente radicata che in dialetto bresciano carmen è sinonimo di bordello.

“Lei, Armando”, pubblicato da Morellini nel 2017 (acquista qui), è un racconto intimo e di prima mano del Carmine degli anni settanta e della comunità di persone transgender che animava all’epoca la “Casa delle bambole” di vicolo Rossovera 5. Scritto da Nicola Baroni che ha intervistato un protagonista del tempo, Armando Borno, “Lei, Armando” è un libro fotografico prezioso che racconta una storia fatta di trasgressione e di tenerezza, di perbenismo e di camuffamenti, di difficoltà e di spensieratezza.

Uno scambio tra universi diversi

Zona storicamente popolare e multietnica in grado di ospitare una moltitudine di persone differenti per credo, provenienza e orientamento, il Carmine ha subito diverse riqualificazioni; l’ultima, avvenuta tra il 2001 e il 2010, che ha riscattato forse definitivamente l’immagine di questo quartiere. Ad oggi è zona ricca di arte e artigianato, eventi e locali, teatro della movida bresciana. 

Come raccontano i due autori, in questo libro-intervista fatto di botta e risposta a volte spiazzanti e irreverenti, le cose non sono però sempre state così. “Lei, Armando” finisce così per raccontare anche un quartiere ed una società in mutamento: nelle pagine del libro, gli autori ci rendono infatti partecipi anche di uno scambio tra generazioni che sembrano provenire da universi diversi.

Da una parte Nicola Baroni, classe 1991 laureato in Lettere moderne all’Università Statale di Milano ed al tempo studente della scuola di giornalismo Walter Tobagi, nei panni dell’intervistatore; dall’altra Armando Borno, personaggio di spicco del Carmine degli anni settanta e ottanta, protagonista, fotografo e memoria di quel tempo.

Istanti intrappolati nelle belle fotografie di Armando Borno

Armando Borno è nato in provincia di Brescia, dove si è trasferito giovanissimo. Ha sempre vissuto nel quartiere del Carmine e negli anni ha lavorato come aiutante parrucchiere e cameriere, oltre a travestirsi e battere i marciapiedi in cerca di clienti. Ogni anno si concede un viaggio di almeno due mesi in India (dove è stato trenta volte) e altri tre o quattro più brevi in Medio Oriente, Europa o Maghreb.

Mediante i suoi ricordi e 116 scatti in banco e nero da lui realizzati, il libro delinea uno spaccato del Carmine tra gli inizi degli anni settanta e metà degli anni ottanta. Particolarmente prezioso il corredo fotografico: la passione di Borno per la fotografia, lo portò infatti a intrappolare istanti di piacere, di trasgressione e di vita di vicolo Rossovera 5, dove Casa delle Bambole ospitava una comunità di travestiti e persone trans e molto spesso i loro clienti.

Una città ricca e piena di lavoro

Brescia dice Armando “era una città ricca, giravano soldi allora e per noi c’era molto lavoro…i clienti venivano dall’intera Lombardia perché Brescia è sempre stata famosa per i travestiti e i transessuali“.

Con la legge Merlin del ‘58 vennero abolite le case chiuse ma non venne vietata la prostituzione. Per le donne era quindi più semplice praticare il Mestiere rispetto ai trans, per cui entrava in gioco il reato di camuffamento e mascheramento.

Le autorità, intenzionate a “debellare la piaga” della prostituzione trans, tartassarono a lungo gli abitanti di Casa delle Bambole. Chi veniva colto sul fatto rischiava sei mesi di carcere e tre anni di sorveglianza speciale, trasformati poi in domicilio coatto o confino per impedire l’escamotage della marchetta sotto casa.

Armando, figura di spicco nel panorama trans di quegli anni, iniziò a prostituirsi negli anni settanta, quando il clima era già più disteso e “si rischiavano solo multe e umiliazione“.

Arrivò in seconda guardia in Casa delle Bambole, dove erano già operative la famosa Lea “che aveva un portamento e un’alterigia da fare invidia a tutte“, Lora e Carlotta.

Armando parlando del quartiere dice “eravamo benvolute… a volte capitava che in vicolo Rossovera si creassero file di macchine, a partire dalle 22 fin a quasi al mattino. Spesso quindi si creava trambusto notevole e non era raro che qualche abitante della via che volesse dormire buttasse giù dal balcone vasi di fiori e spazzatura. Nessun problema per il fatto che fossimo travestiti: a non volerci era piuttosto la città, l’opinione pubblica, che non era pronta”.

Trasgressione, vite ai margini e vissuti dolorosi

Il periodo a Casa delle Bambole viene descritto come un susseguirsi di trasgressioni con droghe e alcool, ma anche di affetti: un contesto in cui persone ai margini e con vissuti dolorosi, spesso ripudiate dalla famiglia di origine e dagli amici, trovarono rifugio o quanto meno condivisero la stessa sorte.

In vicolo Rossovera le persone trans godevano infatti di una sorta di immunità e potere: potevano esprimere sé stesse, decidere del proprio corpo con un lavoro in grado di garantire loro vitto e alloggio e in alcuni casi essere anche molto più redditizio.

Al punto tale che spesso, chi cercò di cambiar vita (Armando stesso iniziò una relazione sfociata poi in matrimonio, allontanandosi dal quartiere), si ritrovò poi in seguito a varie difficoltà a ritornare alla base e a riprendere un mestiere che garantiva almeno certezze (e ben più ampi guadagni) .

«Accettare sé stessi e combattere le ipocrisie e il conformismo»

Le parole di Borno che “se tornasse indietro rifarebbe tutto” raccontano una vita che non fu facile, ma dove quel periodo viene ricordato anche come dissennato e divertente e completamente folle.

Ma mostra anche come, per le persone queer e soprattutto per le persone trans, non sia per nulla facile poter essere sé stesse, potersi autodeterminare, trovare un luogo dove potersi sentire sicure e banalmente anche lavorare. E questo vale tanto per l’epoca raccontata da Armando, ma anche per il presente.

Anche se rispetto all’epoca qualche passo avanti si sta compiendo, la strada per l’equità e l’inclusione è ancora lontana. Per poterla trovare, questo il lascito di Armando, ”prima di tutto bisogna accettare sé stessi, e in secondo luogo combattere da dentro le ipocrisie il conformismo di questa società e non conformarvisi. Bisogna avere il coraggio di rivendicare che siamo tutti diversi, non che siamo tutti uguali: questa sarebbe una grande liberazione per tutti, non soltanto per gli omosessuali”


Titolo: Lei, Armando
Autori: Nicola Baroni e Armando Borno
Editore: Morellini Edizioni (2017)

Genere: Memoir/Libro fotografico
Pagine: 168
Isbn: 9788862985406

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