La scena letteraria e culturale bresciana nell’Ottocento, tra luci e ombre, nel saggio di Carla Boroni

Una delle 103 copie della prima edizione dei Sepolcri, di Ugo Foscolo, stampata a Brescia dal tipografo Bettoni nel 1807

Recensione di Silvia Lorenzini per Brescia si legge

È un quadro a luci e ombre quello delineato da Carla Boroni nel volume “Figure bresciane nella cultura e nella letteratura tra Otto e Novecento” (Gammarò, 2019 – acquista qui). Quello, cioè, di una città dalle grandi potenzialità (e dalle grandi realizzazioni), confinata però nella dimensione della provincia, frequentemente incapace di esprimere movimenti culturali o iniziative spontanee, che non siano un riflesso del dominante quadro nazionale.

Un quadro che racconta una Brescia non priva di personaggi di eccellenza, ma neppure esente da un certo languore intellettuale: a fronte di un primo ventennio dell’Ottocento molto ricco culturalmente (a Brescia, come è noto vengono pubblicati nel 1807 “I sepolcri”, nel 1801 viene fondato l’Ateneo, vivono e operano letterati come Cesare Arici, i fratelli Ugoni, Giovita Scalvini e altri), il panorama complessivo muta poi radicalmente, al punto che (come scrive Ermanno Paccagnini nel suo intervento) “a ben vedere, gli anni immediatamente successivi alla metà del secolo paiono piuttosto una stagione di sopravvissuti per chi ha conosciuto il periodo aureo della letteratura bresciana”, ciò anche a causa del clima di restaurazione successivo alle Dieci Giornate, tale da non favorire certamente il dibattito culturale e la libera circolazione di idee.

Letteratura e Cultura a Brescia tra Otto e Novecento

Lo studio, dal taglio accademico o comunque specialistico, consta di quattro saggi, tutti incentrati su figure, opere e questioni della letteratura prodotta a Brescia nella prima metà dell’Ottocento. A inquadramento e completamento del lavoro della Boroni, gli studi sono preceduti da uno stimolante intervento di Ermanno Paccagnini su “Letteratura e Cultura a Brescia tra Otto e Novecento”.  

Ed è proprio Paccagnini, nel suo contributo, a precisare quale sia l’ambito di indagine degli studi di letteratura e cultura relativamente “a Brescia”: non solo e non tanto la “cerchia cittadina”, ma, più ampiamente, il Bresciano, per il motivo semplice che là dove si assumessero “unicamente realtà anagrafiche brescianamente DOC, la ricerca non porterebbe molto lontano”. D’altra parte, secondariamente, non “sarebbe giusto dimenticare quanto a Brescia e nel Bresciano hanno significato presenze che potremmo definire d’importazione”.  Sempre a detta di Paccagnini, la riflessione sull’”elemento letterario a ridosso di quella proposizione semplice “tra” (tra Otto e Novecento)”, conduce a ritrovarsi “davvero con tantissimi nomi, ma con una sostanza piuttosto povera quanto a valenza estetica”.

Se all’interno del volume il contributo di Paccagnini assume il compito di tratteggiare le linee generali dell’ambiente culturale fino ai primi decenni del Novecento (e qui il quadro della brescianità abbraccia personaggi di assoluto rilievo appartenenti agli ambiti più vari: musicisti come Arturo Benedetto Michelangeli, religiosi come Daniele Comboni o papa Paolo VI, scienziati come Camillo Golgi e via dicendo), gli studi di Carla Boroni si focalizzano, invece, sulla fase di fioritura letteraria di primo Ottocento.

La letteratura italiana secondo Gian Battista Corniani e Camillo Ugoni

Le prime figure che emergono in questa carrellata storica sono Gian Battista Corniani e Camillo Ugoni, due studiosi che, all’interno di una varietà di interessi, si dedicarono anche alla storia e critica letteraria. Proprio su quest’ultimo genere di opere si focalizza l’indagine della Boroni, valorizzando l’operazione compiuta dai due scrittori di contribuire a formulare un discorso sull’italianità, in un momento storico in cui, per via delle circostanze politiche, ogni affermazione in tal senso usciva necessariamente dalla sfera meramente culturale per porre le premesse di ben più ampie riflessioni, e azioni, politiche.

Gian Battista Corniani fu, dunque, autore di una corposa opera in nove volumi, pubblicata a Brescia fra il 1804 e il 1814, “I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento”. L’opera, pur avendo un intento sostanzialmente divulgativo, era il frutto di un lavoro di erudizione che prendeva l’ispirazione dall’illustre precedente della “Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi”. Corniani dimostrava di far proprio il giudizio, all’epoca condiviso, dell’opportunità di una nuova consapevolezza da parte dei dotti italiani del valore del proprio passato come punto di partenza verso un risorgimento spirituale dal torpore della loro epoca. Così, dunque, ben sintetizzava quest’idea il Corniani nella sua prefazione all’opera:

I dotti italiani sono contenti di pascersi dell’idea generale, e confusa di essere stati i primi discopritori di nuove terre nel continente dell’umano sapere, ma ignorano i dettagli di quella classe di cognizioni, che derivate da noi hanno contribuito ad illuminare le altre parti d’Europa.

In linea con l’entusiasmo illuministico nei confronti dell’utilità della letteratura, Corniani, dunque, era convinto che fosse necessario “scoprire all’Italia quell’oro, che abbonda entro al suo seno”, recando in tal modo “profitto alla ragione e al gusto”  dei suoi lettori, nonché diletto, tramite il racconto di esimie figure di letterati da cui essi potessero trarre esempi da imitare o da fuggire.

L’opera del Corniani aveva i suoi indiscutibili limiti, come non mancò di evidenziare Foscolo stesso che, come tutti sanno, in quegli anni andava a veniva da Brescia (in particolare dal salotto di Marzia Martinengo). Così scrive Foscolo riguardo all’opera del Corniani (Foscolo, “Epistolario”, Firenze, Le Monnier, 1883, vol. III, let. 723) :

[…] doveva leggere con più critica, e copiar meno il Tiraboschi; scrivere con più lingua e più nerbo, conoscere le fondamenta vere e profonde della letteratura italiana e la storia politica dei nostri antenati: perché la natura crea gl’ingegni, il clima li nutre; ma i governi, i principi e i tempi fanno i letterati.

Un giudizio, insomma, per nulla tenero, che non impedì però che la storia letteraria del conte bresciano ottenesse un buon successo di pubblico, come testimoniano le varie ristampe dell’opera, nonché che Camillo Ugoni si ispirasse proprio al modello del Corniani per la stesura del suo “Della letteratura italiana nella II metà del Secolo XVIII”. Camillo Ugoni, poeta e traduttore, presidente dell’Ateneo nel 1818, animato da curiosità e interesse verso quanto la coeva letteratura romantica stava producendo al di fuori dell’Italia, individuò infatti nell’opera del Corniani il merito di avere reso popolari le lettere, nel senso, ovviamente, in cui il termine popolare poteva essere inteso agli inizi dell’Ottocento. Ugoni decise quindi di ricalcare lo schema base della storia letteraria del suo predecessore bresciano, trattando, per ogni autore, vita, opere, indole, e ampliando il proprio sguardo anche verso autori minori, matematici, filosofi, scienziati.  

L’Epistolario del letterato bresciano Giuseppe Nicolini

La terza figura discussa dalla Boroni nel suo “viaggio” tra i personaggi di spicco della Brescia di primo Ottocento è Giuseppe Nicolini, del cui epistolario la studiosa offre una lettura ragionata.  Le circa 60 lettere scritte fra il 1815 e il 1855 consentono la lettura, dall’ottica di Brescia, di uno dei momenti storici più difficili per l’Italia, quello cioè seguito alla Restaurazione, con le conseguenti reazioni patriottiche e le aspirazioni libertarie di cui Brescia fu una delle più evidenti fautrici con la rivolta delle Dieci Giornate.

Nicolini, dopo aver abbandonato l’attività di avvocato (a cui non era sostanzialmente interessato), spese la propria vita nell’insegnamento (fu professore di Retorica all’Arnaldo e di Storia a Verona), nonché in un’intensa attività di promozione culturale, come Segretario dell’Ateneo, membro del cenacolo letterario esistente presso la casa di Giovanni Fiorentini e dell’Accademia dei Pantomofreni. Diviso fra il fascino delle suggestioni classiche (fu autore di tragedie) e gli influssi romantici (scrisse una Vita di Byron, personaggio in cui si rispecchiava per sensibilità, ma anche e soprattutto per il suo interesse per l’attività politica), attraverso la frequentazione di Camillo Ugoni e di Pietro Borsieri iniziò a frequentare i circoli liberali milanesi, facendo sue le idee patriottiche del momento. Fu proprio a seguito di una perquisizione nella dimora degli Ugoni che Nicolini fu interrogato e arrestato dalla polizia austriaca, a causa di alcune missive di suo pugno che erano state rinvenute e che furono giudicate di carattere rivoluzionario.

Il romanzo storico di ambiente bresciano

L’ultimo saggio del volume riguarda la produzione ottocentesca di romanzi storici di ambiente bresciano. Qui i nomi da ricordare sono quelli di Lorenzo Ercoliani con i suoi “I valvassori bresciani o i feudatarj del secolo XI” (1842) e “Leutelmonte” (1844), Costanzo Ferrari con “Tiburga Oldofredi” (1846-47) e “Maria da Brescia, ovvero l’amore e la patria” (1849), Francesco Bettoni con “Tebaldo Brusato” (1874). La Boroni ricostruisce le vicende raccontate dai narratori bresciani, affascinati dalle atmosfere e dalle vicende del Medioevo locale (fatta eccezione per il “Maria da Brescia” che si ispira a un episodio della rivolta lombarda del 1848-49), sospesi fra rigorosa ricostruzione storica e d’ambiente, nutrita anche da interessi antiquari, e la tentazione di relegare lo sfondo storico al ruolo di suggestivo comprimario.

Nel complesso, anche per questa limitata, nel tempo e quantitativamente, produzione di romanzi storici bresciani, resta dunque da registrare un quadro alquanto deludente, se misurato con l’idea manzoniana di creare attraverso il romanzo storico un genere che fosse intrattenimento e diletto al contempo delle masse popolari, dal momento che i succitati titoli degli autori bresciani non uscirono mai dalla cerchia dei lettori colti. D’altro canto, ancora una volta, questi lavori sono la testimonianza dello “sforzo della cultura bresciana di mettersi al passo con quella lombarda”, oltre che del profondo affetto e interesse di questi scrittori per la propria terra.


Titolo: Figure bresciane. Nella cultura e nella letteratura tra Otto e Novecento
Autrice: Carla Boroni
Editore: Gammarò Edizioni, 2019

Genere: Saggio
Pagine: 282
ISBN: 9788899415662

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Silvia Lorenzini

Bresciana, laureata in Lettere Classiche presso l'Università di Pavia. Ha trascorso anni a girovagare fra la Germania e l'Inghilterra per ragioni di studio, di lavoro e di amore. Dal 2005 insegna Italiano e Latino in uno dei licei cittadini. Appassionata di storia locale, adora la montagna, la musica, i libri e non saprebbe vivere se le mancasse anche solo una di queste tre cose.

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