“Flash. La mia storia”. Dall’infanzia al successo di Tokyo: Marcell Jacobs si racconta

Recensione di Silvia Lorenzini per Brescia si legge

Io corro per andare a riprendere i miei avversari. Sono, nella corsa, quello che sono sempre stato nella vita: l’underdog. Il“perdente” che vince, che nel momento in cui meno te lo aspetti rimonta e ti brucia sul filo del traguardo. Sono l’outsider che mette in riga i fenomeni e gli fa abbassare la cresta. Sono la sorpresa olimpica.

Marcell Jacobs, Flash. La mia storia

L’1 agosto del 2021 eravamo tutti lì, incollati a uno schermo, ovunque ci trovassimo. La finale olimpica dei 100 metri maschili è uno di quegli eventi che da sempre suscitano l’attenzione anche dei più disinteressati agli accadimenti sportivi, ma quel giorno l’occasione era fra le più straordinarie, anzi unica: per la prima volta un atleta italiano, di origini bresciane, Marcell Jacobs, gareggiava nella finale regina di tutte le gare olimpiche. Mai nessun atleta italiano, prima d’allora, era entrato nell’Olimpo degli otto finalisti dei 100 metri, gli uomini più veloci del mondo, le imprese dei quali consentono a qualsiasi spettatore di sentirsi parte di un evento destinato a entrare nella storia, se non nella leggenda.

Ebbene, l’1 agosto del 2021, Marcell Jacobs, atleta sino ad allora ignoto ai più, si consacrò come il vincitore dell’oro olimpico, polverizzando in 9’’ 80 tanto il record italiano quanto quello europeo.

La fatica, la passione, la determinazione che si celano dietro a una tale impresa ci sono raccontate nell’appassionante autobiografia di Marcell Jacobs, Flash (Edizioni Piemme, 2022 – acquista qui). Pagina dopo pagina Jacobs ci svela i retroscena di una vittoria che è il risultato di un lavoro di squadra, della collaborazione e della dedizione di più persone, ciascuna con il proprio carico di entusiasmo e di conoscenza, ma che è soprattutto l’esito di un costante lavoro dell’atleta su se stesso, sul proprio corpo e sul complesso intreccio che lega fisico e mente

L’infanzia di un campione destinato a vincere

La cosa che colpiva chiunque già allora […] era la gioia che sprizzavo quando correvo. L’ho sempre avuta, ce l’ho ancora. Corro e rido.

Marcell Jacobs, Flash. La mia storia

La vita di Marcell Jacobs appare a chi legge come la storia di una vocazione: correre. Fin dagli anni della sua infanzia il piccolo Marcell corre infatti veloce, velocissimo, più veloce di tutti suoi coetanei. Proprio per questo il nonno Osvaldo, che accompagna il bambino nei primi anni trascorsi a Castiglione delle Stiviere (è alla sua memoria che il Marcell Jabobs campione olimpico dedicherà la vittoria), lo soprannomina la “motoretta umana”. Per Marcell bambino la corsa è pura e semplice felicità, libertà da ogni costrizione. L’importanza di questo sentimento primigenio di pienezza diverrà evidente a Jacobs solo con il tempo. Egli stesso racconta più volte infatti che, per riuscire a riportare la vittoria a Tokyo, ha dovuto mettere in atto un lungo percorso per recuperare il suo bambino interiore andato perduto con l’età e con esso ritrovare la perfetta naturalezza della corsa infantile.

Ma nella vita le vocazioni vanno scoperte e riconosciute, non si presentano con un biglietto da visita.

Il percorso che porta Jacobs a divenire un campione è complesso e faticoso, fatto di arresti e riprese ed è un cammino che egli racconta con straordinaria semplicità e sincerità, mettendo a nudo le sue paure di uomo e atleta. Solo una volta divenuto adulto, Marcell sarà in grado di comprendere che, per riuscire a raggiungere i livelli più alti, deve sbloccare qualcosa dentro la sua psiche: risolvere il senso di abbandono sperimentato nell’infanzia, riconciliarsi con la figura di un padre che lo aveva lasciato solo.

Il ruolo della famiglia e degli allenatori

Jacobs cresce, infatti, con l’immagine di un padre soldato, perennemente in missione militare e per questo troppo impegnato per tornare a casa o semplicemente contattare il figlio. La realtà, che egli scopre poco alla volta, è che i genitori hanno divorziato a soli due anni dalla sua nascita e che Lamont, suo padre, un militare americano, a un certo punto è partito e non è più tornato.

Marcell trascorre sereno l’infanzia in Italia, a Castiglione, amato da una famiglia composta dall’energica madre, dai nonni, dai tanti cugini. La madre riesce anche a rifarsi una vita sentimentale, sposandosi in seconde nozze e dando così a Marcell anche la compagnia di due fratelli. Eppure tutto ciò non impedisce a Marcell di sentirsi diverso dagli altri perché lui un padre non ce l’ha e, per soffrire il meno possibile, il ragazzo è costretto a creare dentro di sé un “muro” di indifferenza verso la figura paterna, una barriera che gli impedisca di pensare che è stato abbandonato. Questo “muro”, come Jacobs stesso lo descrive, caratterizzerà sempre le sue emozioni, andando a contrastare la semplice gioia che lo motiva a correre e creandogli un blocco di ansia che a lungo avrà un impatto negativo sulle sue prestazioni in gara.

Per anni i coach sportivi sono per Marcell il padre che non ha avuto. A Desenzano il punto di riferimento è Adriano Bertazzi che lo allena allo stadio Francesco Ghizzi, poi è la volta di Gianni Lombardi.  All’età di diciotto anni a prendersi cura della crescita del promettente atleta è Paolo Camossi, responsabile della squadra italiana di salto in lungo, disciplina a cui Jacobs si dedica parallelamente alla corsa di velocità. Si tratta di una svolta: il giovane è costretto a lasciare la “zona comfort” di Desenzano, le amicizie e gli affetti, per stabilirsi a Gorizia e seguire gli allenamenti di Camossi. Tutti i suoi coach lo aiutano a “coltivare i suoi sogni”, facendogli comprendere che il talento va indirizzato verso gli obiettivi tramite un duro lavoro di allenamento.

Dietro le quinte di un successo sportivo

La gara si decide tra il pam dello starter e il tempo di reazione. Io non ho tempi di reazione eccelsi, ci ho dovuto lavorare parecchio. La vittoria spesso dipende dall’RT, o Reaction Time. È il tempo che impieghi dopo lo sparo a staccare la gamba prima di mettere il primo appoggio. Il tempo minimo è 100 millisecondi, un decimo di secondo. In un tempo inferiore, è impossibile percepire il colpo di pistola. Se ti muovi prima, la partenza è nulla. A occhio nudo non vedi la differenza tra chi si muove con 110 millisecondi di ritardo e chi con 160, ma quest’ultimo è già indietro di 5 centesimi. Quei centesimi possono essere decisivi.

Marcell Jacobs, Flash. La mia storia

Uno degli aspetti più interessanti del libro è la possibilità di vedere il “dietro le quinte” di un successo sportivo, di comprendere alcuni degli aspetti tecnici, spesso non immaginabili per un “profano”, su cui l’atleta lavora per anni, in una lunga attività di ricerca, tentativi e fallimenti. La costruzione di un campione significa anche studiare nel più minuto dettaglio per intere giornate le tecniche di corsa: l’appoggio del piede, il numero di passi necessari per ricoprire una distanza, i punti di rallentamento e di massima velocità. Ogni momento viene analizzato e progettato sulle specificità del singolo atleta, a partire dai suoi punti di forza e di debolezza.

Jacobs scopre così di essere avvantaggiato dai suoi “muscoli di burro”, che si contraggono e decontraggono a una velocità superiore alla media, ma d’altra parte rivela una tendenza alla fragilità delle cartilagini che lo espone continuamente agli infortuni e al dolore. I dolori che prova quando corre, a volte anche prima di correre, fanno nascere in lui la paura di infortunarsi, alimentando un circolo vizioso che lo porta alla grande delusione del 2019: a Glasgow, alla sua terza partecipazione ai campionati europei di atletica, gareggia per la disciplina del salto in lungo, realizzando tre salti nulli. Da qui decide di concentrarsi esclusivamente sui 100 m piani, con l’obiettivo di qualificarsi per le Olimpiadi del 2020.

Nonostante l’emergenza determinata dal Covid, il 2020 si rivela un anno fruttuoso per Jacob. La squadra di allenatori che lo segue gli affianca una mental coach, Nicoletta Romanazzi, per “sbloccare” i meccanismi psicologici che lo portano a volte a risultati non all’altezza della sua preparazione. Con lei Jacobs capisce le ragioni dell’ansia che spesso lo “sabota” prima della gara, al punto di far nascere in lui spasmi e contratture muscolari: la paura di deludere chi ha fiducia in lui, il timore, a seguito di un risultato deludente, di essere nuovamente abbandonato da chi lo dovrebbe amare. Attraverso l’aiuto della mental coach Jacob impara a concentrare le energie sui propri obiettivi, riuscendo ad escludere il mondo intorno a sé nel momento della competizione.

Un’autobiografia che invita a credere in se stessi

Gli ultimi capitoli del volume sono tutti concentrati sul racconto di quanto è accaduto nello stadio olimpico di Tokyo l’1 agosto 2021. Chissà quanti di noi si saranno chiesti “chissà come ci si sente in un momento del genere”. Il libro ci porta a conoscere i retroscena di una finale olimpica: le conversazioni, le telefonate, i pensieri che si accavallano, i sentimenti che tumultuano. Il “Vai e divertiti!” che gli viene ribadito prima della gara è la molla fondamentale che stimola Jacobs a “prendersi quello che è suo”. Come egli stesso confessa, “capisco che l’atleta non può essere disgiunto dall’uomo e in pista mi porto dietro quello che sono. Intuisco che devo portare la mia felicità, non le mie paure”. Da qui la splendida volata di 9’’80 e il trionfo.

Dopo una lunga storia di sofferenze, difficoltà e sacrifici, il lettore partecipa alla gioia del tanto desiderato lieto fine, in cui finalmente merito, sforzi e determinazione vengono premiati, come tutti si aspettano e sperano e come accade, troppo spesso, solo nelle fiabe. Invece accade anche qui, ma questa è una storia vera. Un motivo in più per leggere un libro che è un’esortazione a credere in se stessi e nei propri sogni.


Titolo: Flash. La mia storia
Autori: Marcell Jacobs
Editore: Piemme, 2022

Genere: Autobiografia
Pagine: 212
ISBN: 9788856685053

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Silvia Lorenzini

Bresciana, laureata in Lettere Classiche presso l'Università di Pavia. Ha trascorso anni a girovagare fra la Germania e l'Inghilterra per ragioni di studio, di lavoro e di amore. Dal 2005 insegna Italiano e Latino in uno dei licei cittadini. Appassionata di storia locale, adora la montagna, la musica, i libri e non saprebbe vivere se le mancasse anche solo una di queste tre cose.

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