“Maria Brianzi”: il ritratto affettuoso di un’educatrice capace di vedere oltre il proprio tempo nell’omaggio della pronipote Renata Stradiotti

Recensione di Candida Bertoli per Brescia si legge

“Maria Brianzi. Donna e maestra nella storia tra Ottocento e Novecento” (La Compagnia della Stampa, 2021 – acquista qui) è il libro d’esordio nel campo della narrativa di Renata Stradiotti.

In questa biografia l’autrice, per molti anni curatrice e poi direttrice dei Musei Civici di Brescia, ripercorre la vita di Maria Brianzi, un’antenata vissuta tra l’Otto e il Novecento prima nella campagna cremonese e nel bresciano dove si fece un nome – nell’epoca delle sorelle Agazzi e di Maria Montessori, che Maria conobbe – come educatrice. 

Una figura emblematica, capace di precorrere i tempi dell’emancipazione femminile anticipando e mettendo in pratica alcuni principi pedagogici e salutistici divenuti poi prassi, ma anche una donna che ha vissuto profondamente e appassionatamente. 

L’infanzia di Maria nella campagna cremonese

Il profumo saliva lentamente attraverso la scala che portava al primo piano dell’abitazione. Gradino dopo gradino, lungo il corridoio, attraverso gli stipiti della porta giungeva fino al suo letto e sollecitava il suo olfatto. 
Si svegliava così e le piaceva stare rintanata al caldo sotto le coperte e assaporare il profumo dei diversi tipi di pane appena sfornato, distinguerlo da quello delle torte, dei biscotti, delle spumiglie e del croccante.
Solo il suo papà, pensava, è capace di fare, cuocere, sfornare e mettere in vendita tutte quelle cose buone. Ricordava la sua voce calda e forte che le dava, intanto che la preparava, la ricetta per la torta di pasta frolla, la sua preferita.

Renata Stradiotti, “Maria Brianzi. Donna e maestra nella storia tra Ottocento e Novecento”

Nella prima parte del libro, l’autrice ci racconta come si svolgeva la vita della piccola Maria, avvolta dai profumi prodotti dalla pasticceria del padre, ma gravata dalle incombenze derivanti dalle continue gravidanze della mamma e dai numerosi lutti che affliggono la famiglia. Forse già da qui nasce la vocazione di Maria alla scienza e alla pedagogia, attitudini che, come vedremo, si svilupperanno nel corso di tutta la sua vita. 

Maria Brianzi nasce nel 1876 e ha poco più di vent’anni quando viene ritratta nell’immagini riprodotta in copertina. Si diploma maestra nel 1899 presso la “Regia Scuola Normale femminile di Brescia”, l’attuale istituto Veronica Gambara. Nel corso della sua carriera d’insegnante applicherà e svilupperà le teorie pedagogiche delle sorelle Agazzi e di Maria Montessori, di cui era rimasta affascinata nel corso di un convegno pedagogico organizzato a Torino nel 1898 e a cui aveva partecipato insieme con le sue compagne. 

L’affermazione di Maria come insegnante

Di tutte le materie di insegnamento quella che le piaceva di più era pedagogia. Forse le tornavano in mente tutti i fratelli e le sorelle con cui aveva passato tanti anni insieme e che aveva visto talvolta morire per cause allora poco comprensibili. Ora le sembrava finalmente che quanto aveva messo in atto spontaneamente trovasse una sua collocazione sistematica all’interno di un insieme giustificato di pratiche e di saperi.

Renata Stradiotti, “Maria Brianzi. Donna e maestra nella storia tra Ottocento e Novecento”

Ancora giovanissima, Maria ottiene l’incarico di docenza a Orzinuovi, dove viene chiamata “la signorina maestra”. La sua casa diventa presto un piccolo salotto letterario in cui si discute di tutto, dalla pedagogia alla scienza medica, dai diritti delle donne alla necessità di una dieta equilibrata per il corretto sviluppo dei giovani. 

Nella cittadina di Orzinuovi, così simile al paese di Castelponzone in cui aveva vissuto da bambina, Maria trova una sua dimensione professionale, culturale e umana. Dopo poco tempo, nasce anche l’amore con uno dei frequentatori della sua casa: un amore vero, profondo, basato su una forte complicità e condivisione di interessi, ma su cui non ci soffermiamo ulteriormente per non togliere il piacere della lettura. 

Il ritratto affettuoso di una donna capace di vedere oltre il proprio tempo

Con il racconto della storia d’amore di Maria, veniamo a conoscere meglio la città di Brescia così come si presentava agli inizi del secolo scorso, con i padiglioni in stile liberty dell’Esposizione del 1904, i tram elettrici, le occasioni date dalla vita mondana a teatro e dalle gite fuori porta

Ma il tempo scorre veloce e già si affaccia la Prima Guerra mondiale. Anche in questa occasione Maria si prodiga, raccoglie fondi, organizza un ufficio da cui dare notizie alle famiglie.

L’autrice ci racconta del carattere poco malleabile di Maria, che a volte ha modi un po’ spigolosi: questi aspetti però non la ostacoleranno nell’ottenere ampie dimostrazioni di affetto e di riconoscenza da parte di famiglie, alunni, cittadini, che le dimostreranno tanta gratitudine per le energie profuse in tutta la sua vita a favore della comunità.

Il libro, capace di restituire il ritratto affettuoso di un’educatrice ma soprattutto di una donna capace di vedere oltre il proprio tempo, è corredato da un’ampia appendice iconografica in cui sono illustrati alcuni momenti del racconto, dalle immagini del paese di Castelponzone e quelle delle molteplici attività di Maria. 


Titolo: Maria Brianzi. Donna e maestra nella storia tra Ottocento e Novecento
Autore: Renata Stradiotti
Casa editrice: La Compagnia della Stampa, 2021

Genere: Narrativa a sfondo biografico
Pagine: 176
ISBN: 9788884868442

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Candida Bertoli

È laureata in Giurisprudenza e dottore di ricerca in diritto amministrativo comparato: la tesi di dottorato, sulla protezione dei beni culturali, è depositata all’Unesco, a Parigi. Adora leggere fin da quando era bambina e le sue passioni sono l’arte e la storia. Per anni ha gestito i volontari del FAI sia a livello cittadino che regionale e ama raccontare Brescia. La sua casa è piena di libri, in ogni spazio possibile e di ogni genere. Partecipa al Festival della Letteratura di Mantova da sempre, e nel 2019 le è stato conferito il premio di “Massimo esperto della storia del Festival”

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