Una visita al Museo Lechi di Montichiari, tra alcuni dei capolavori dipinti tra il Cinquecento e l’Ottocento da artisti di grande prestigio

Letto e recensito da Candida Bertoli per Brescia si legge
Il giovane dai capelli incipriati che ci sorride enigmaticamente dalla copertina del volume “Museo Lechi – Opere scelte”, curato da Paolo Boifava ed edito da Grafo, ci introduce ad una selezione delle opere esposte nel Museo Lechi di Montichiari.
Parte di un sistema museale urbano riconosciuto da Regione Lombardia e istituito nel 2009 dal comune bresciano per valorizzare il patrimonio materiale e immateriale dei propri musei civici, il Museo Lechi fa tesoro di un cospicuo di oltre 350 dipinti e oggetti di pregio raccolti in oltre tre secoli da una delle famiglie aristocratiche più in vista della nostra provincia e infine donati al Comune di Montichiari affinché tutti ne potessero godere.
La prima e la seconda collezione
La storia delle collezioni appartenute alla famiglia Lechi inizia nel XVIII secolo quando, disponendo di mezzi cospicui, il conte Pietro Lechi (1690 – 1764) decide di costruire il lussuoso palazzo di Montirone e di decorarlo con una rilevante quadreria, così come d’uso nella colta aristocrazia dell’epoca. La passione per le raccolte artistiche è ancor più sentita dal figlio Faustino (1730 – 1800), che acquista moltissime opere derivanti dalle prime vendite dell’enorme patrimonio appartenente al clero lombardo. Alla fine del ‘700 la collezione vanta circa 600 dipinti, tra i quali non mancano importanti capolavori del Cinquecento e del Seicento; Faustino Lechi è, tra l’altro, violinista ed ama collezionare anche strumenti musicali nella casa in cui è stato ospite Mozart.
I figli di Faustino appartengono alla generazione che vuole rendersi autonoma dall’autorità paterna [le vicende del periodo sono molto ben ricostruite nel volume di Carlo Bazzani “Dal Municipio alla patria italiana – Lotte e culture politiche a Brescia (1792 – 1802), recensito qui] e sono a fianco delle truppe napoleoniche come ufficiali nell’esercito della Repubblica Cisalpina. Parteggiare per i francesi costerà molto caro alla famiglia Lechi, che a seguito del breve ritorno delle forze austro-russe del 1799, vedrà saccheggiato il palazzo di famiglia.
Una nuova raccolta verrà quindi iniziata dal decimo figlio di Faustino, Teodoro (1778 – 1866) che, avendo partecipato accanto a Napoleone alle più importanti battaglie, alla congiura antiaustriaca del 1814 nonché alle Cinque giornate di Milano del 1848, verrà esiliato a Torino e spogliato dei suoi beni.
La terza collezione
La terza quadreria prende forma a seguito del matrimonio del conte Teodoro (1864 – 1919) con Maria Livia Valotti (1867 – 1944), erede dell’importante collezione della madre Barbara Fenaroli i cui dipinti costituiscono il nucleo storico del museo di Montichiari. Significativo è l’impegno di Fausto Lechi (1892 – 1979), pronipote di Teodoro, che organizza negli anni Trenta del ‘900 le prime mostre sulla pittura bresciana dal Quattro all’Ottocento, mentre i figli Luigi (1926 -2010) e Piero (1930 – 2013) incrementeranno con nuovi acquisti la raccolta di famiglia.
Il patrimonio artistico vanta circa 360 opere e consta di dipinti, disegni, stampe e porcellane, donati dalla famiglia al Comune di Montichiari affinché potessero essere goduti da tutti. Inoltre, allo scopo di costituire una biblioteca specializzata, la famiglia ha donato anche circa tremila volumi di storia dell’arte oltre a diecimila positivi fotografici concernenti le dimore storiche bresciane.
Le opere
Il volume analizza alcune tra le opere esposte nel museo e Giulio Cesare Procaccini, Luca Cambiaso, Antonio Gandino sono solo i primi nomi di artisti di spicco che evidenziano l’importanza della raccolta.
Tra i tanti nomi maschili compare anche quello di una pittrice: si tratta di Ginevra Cantofoli, vissuta a Bologna tra il 1618 ed il 1672, appartenente al filone di donne artiste presenti ed attive nella città felsinea durante il XVII secolo. Il quadro rappresenta una “Baccante con cimbali”: la donna è ritratta con i cimbali ai polsi, un serto d’edera che le corona il capo e con il viso trasognato perché sta danzando in onore del dio Bacco.
Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto è presente con alcuni dipinti. L’artista è noto sia per la ritrattistica delle famiglie aristocratiche, sia per aver rappresentato gli umili, gli accattoni, i poveri, i “pitocchi” da cui è derivato il suo appellativo. Ed ecco che nel museo sono presenti i ritratti di Alessandro Bonometti, della moglie Elisabetta Albrici Bonometti e dell’abate Angelo Lechi, accanto alla figura di un’anziana donna che, vestita poveramente e con lo sguardo perso nel vuoto, sta lavorando ai ferri. L’opera, intitolata “Donna che fa la calza”, appartiene alla serie di ventidue grandi tele raffiguranti, a grandezza naturale, gli esponenti delle classi più misere e venne acquistata da Luigi Lechi nel 1973.

Le opere esposte sono davvero rilevanti ed affascinanti e raccontarle tutte toglierebbe al visitatore il piacere della scoperta. Tra queste non si può non citare però un quadro del Moretto che, al momento della stesura di questo testo, non si trova nel Museo Lechi ma a Brescia presso il Museo di Santa Giulia. Si tratta del ritratto del conte Girolamo Martinengo da Padernello, esposto con quello della moglie Eleonora Gonzaga da Sabbioneta nella mostra “Il Rinascimento a Brescia – Moretto, Romanino, Savoldo. 1512 – 1552” a cura di Roberta D’Adda, Filippo Piazza ed Enrico Valseriati.

Il conte, in dispregio delle leggi suntuarie cinquecentesche che imponevano morigeratezza nell’uso di oro e gioielli, è qui rappresentato con una profusione di ricami d’oro sugli abiti e sul copricapo e con una vistosa doppia catena d’oro al collo. Il volto è sfumato ed il taglio a mandorla degli occhi è tipico della tarda ritrattistica morettesca.
Il volume è composto soltanto da ottanta pagine ma ognuna incanta e rapisce: le immagini, curate dal Fotostudio Rapuzzi, sono estremamente accurate e nitide, così come sono precisi e completi i testi che le accompagnano.
Montichiari è vicinissima alla città e sicuramente il museo merita una visita approfondita.

Titolo: Museo Lechi – Opere scelte
Autore: Paolo Boifava
Editore: Grafo, 2024
Genere: catalogo
Pagine: 80
ISBN: 978 88 5493 103
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