“Quadri di vita sotto il Ponte degli Imperiali”: uno spaccato della quotidianità al confine del Caffaro, nel romanzo corale di Dario Collio
Recensione di Federica Zaccaria per Brescia si legge
Nel 1958 Lemprato era il centro del mondo. Per giungervi occorreva lasciare la statale alla Pieve Vecchia e, superato un ponte dove il lago torna ad essere fiume, percorrere la comunale fino ad incontrare il caseggiato del vecchio Paride. Largo e grosso, da essere in difficoltà nei movimenti, il Paride Bertini, per tutti Piso, sceso a Idro dal Trentino, ovviava alle sue debolezze col dare ordini alla Kaiser. (…) Nate dall’andar su e giù dall’Eridio che insidiava le fondamenta delle abitazioni, le grandi crepe di casa Bertini alimentavano la fantasia di quanti le volevano divina punizione alla spilorceria del “crucco”, giunto da Cimego a dar lezione di affari ai “tagliani”.
“I tagliani”, Dario Collio, p. 15
Episodi, spezzoni di storie, flash, racconti a briglia sciolta della quotidianità vissuta al di qua del vecchio confine di Stato a Ponte Caffaro (chiamato il “Ponte degli Imperiali” perché fino al 1915 è stato linea di demarcazione fra l’impero austroungarico e l’Italia), in quella Valle del Chiese segnata, ancora a metà del secolo scorso, dalle vicende della Grande Guerra e dalla conflittualità fra gli abitanti dei borghi trentini (i “crucchi”) e quelli lombardi (i “tagliani”).
Tanti “quadri di vita”, raccolti e raccontati dall’autore valsabbino Dario Collio nel romanzo corale “I tagliani” (Marco Serra Tarantola Editore, 2022), il cui lungo sottotitolo sintetizza alla perfezione il contenuto di questo piacevole libro: “Quadri di vita sotto il ‘Ponte degli Imperiali’ quando in Trentino sbarravano il Chiese e i fantasmi della Bassa rubavano il lago d’Idro”.
Il confine come frattura, il confine come legame
(…) sarebbe stato davvero bello che il quattro di novembre, festa del passaggio del Trentino all’Italia, si riuscisse a onorare con una cerimonia comune tutti i caduti della Grande Guerra. Ma tante erano ancora le resistenze nelle associazioni combattentistiche sui due fronti. Feriva soprattutto il mancato riconoscimento, nel ventennio fascista, dei trentini caduti con l’uniforme dell’impero austroungarico. Per molti anni, al termine del conflitto, non si era potuto parlare dei combattenti sotto bandiera diversa da quella italiana e nel ’58, benché fossero passati quarant’anni, c’era ancora molto da lavorare per lenire sofferenze e pacificare gli animi.
“I tagliani”, Dario Collio, p. 68
Protagonisti del romanzo di Dario Collio, ambientato nel 1958, sono gli abitanti di una terra segnata da quello che è stato a lungo un confine tra stati.
Gli abitanti della Valle Sabbia e quelli della Valle del Chiese, a lungo nemici sotto diversa bandiera, vicini ma tragicamente divisi dalle vicende storiche che li hanno visti loro malgrado protagonisti, sono infatti stati per molti decenni inquadrati all’interno di due stati diversi: da un lato il mondo italiano, dall’altra quello “austriaco”.
Divisi dalla geopolitica, gli abitanti di questa terra di confine sono però allo stesso tempo sempre stati accomunati dallo scorrere lento e inesorabile del fiume, dal lago d’Idro con le sue acque pescose e le sue leggende di mostri marini, da una vicinanza di usi e idiomi innegabilmente piena di significati.
Un legame che anche dopo la soppressione del confine ha fatto fatica ad essere accettato e condiviso, tanto che, a distanza di anni dalla conclusione del conflitto un capitolo tanto sanguinoso e sofferto per entrambe le parti, era tutt’altro che chiuso.
Un affresco di voci, volti e storie
La Delfina, una mordace pöta corta di vista ma lunga di lingua, nota in paese come Virgolaverànda per la singolare capacità di storpiare le litanie mariane, sosteneva di conoscere la storia di quel santuario meglio dei preti e si lasciava andare a considerazioni di dubbio gusto sul fatto che don Amerigo sentisse l’esigenza di portarsi dietro assistenti signorine per tenere a bada i ragazzi durante le gite.
“I tagliani”, Dario Collio, p. 70
La Maria Boteghéra, il Césco Vesèla, la Nédra di Lavenone. E, ancora, il Piero Ciucì, il Mènech e la Livia Batòla, il Codèc e il Bellarmando, il Federico Pitùr, il Bepe Codelègn, il Belardo Bragatonda e tanti altri…fino alla mia preferita, la Virgolaverànda (storpiatura di “Virgo Veneranda”).
L’universo del libro di Dario Collio è ricco di uomini e donne dai nomignoli straordinariamente evocativi, come solo la gente di paese sa inventare. Personaggi (alcuni dei quali ispirati a persone realmente esistite) che riempiono la narrazione di aneddoti capaci di far sorridere, ma anche commuovere, rievocando un mondo fatto di fatica e cose semplici, pettegolezzi e ingenue rivalità di paese, lavori umili, ricordi d’infanzia e legami familiari, saggezza popolare, diffidenza e umana comprensione.
Quando si muore vecchi – gli aveva confidato il nonno la sera del funerale – si va un po’ in cielo, ma si resta anche a far luce ai vivi. La nonna Maria è il lampione sul piazzale del lago! Vedi che bella luce che fa! Così la possiamo salutare tutte le sere. Il giorno che verrà la mia ora – aveva proseguito – farò la stessa cosa. Andrò in un posto dove vedrò la luce della nonna. La nonna vedrà la mia e tu le potrai vedere tutte e due. (…) – Ciao nonni! – gridava il Soldo mandando loro un bacio ogni volta che passava da quelle parti. Anche quella sera l’aveva fatto, pur nella consapevolezza, data dal crescere, che quella luce era solo un richiamo al loro ricordo.
“I tagliani”, Dario Collio, p. 111
Storie di acqua, di spensierata fanciullezza e dispute nostrane
Il pomeriggio al lago prometteva bene. C’erano già in spiaggia alcune ragazze salite da Vestone e Lavenone; belle, formose e sorridenti. Tra i giovanotti che le attorniavano si distingueva per audacia nell’avvicinarle una compagnia di Barghe. I primi olandesi nel campeggio della Grotta spaziavano sul lago fino a sembrarne i padroni. Andavano avanti e indietro con barchini di ogni genere e, passando sopra le reti da pesca, disturbavano il pesce facendo impazzire il Brunì. Per nulla interessati i maschi, allampanate pertiche le donne…quando si avvicinavano alla sponda di qua, apriti cielo! Si lustravano gli occhi persino il Massimino e il Burtulì Sciaù, che raramente scendevano alla spiaggia.
“I tagliani”, Dario Collio, p. 118
I continui rimandi al fiume Chiese e alla zona dei tre laghi Idro, Ledro e Garda fanno da filo conduttore all’intero racconto. Dai riferimenti alle convenzioni per lo sfruttamento dei corsi d’acqua e per l’uso degli acquedotti alle “beghe” per stabilire quale lago fosse il più grande, dalle ricorrenze religiose che si svolgevano tra gare e giochi acquatici alle accese competizioni riguardanti vitalità e ospitalità turistica, dalle scaltre monellerie dei più giovani alle rivalità secolari per la pesca sul lago.
Riferimento a lungo per l’alta valle, a metà del secolo scorso la vecchia Pieve non rivestiva più importanza. Ma, nella ricorrenza di sant’Anna, a fine luglio, molti valligiani correvano ancora ad assistere ai giochi acquatici. Spettacolare, la cuccagna orizzontale: un lungo tronco di abete lisciato e ingrassato, che si inoltrava per quindici metri sopra il pelo dell’acqua. Niente protezioni per i concorrenti che, nel tentativo di percorrerlo in piedi, finivano spesso a cavalcioni del palo, in tempo a contare le stelle prima di fiondare in acqua. Il Brachi, tracagnotto figlio del sindaco, era la personificazione del buonumore. Occhio sbilenco che faceva coppia con quello del Massimo della Marianna, con i suoi lazzi riusciva a far sorridere anche chi aveva più guai che denti. Famoso per il suo parlar di fondoschiena nei momenti più impensati, quando toccava a lui incamminarsi sul palo della cuccagna il pubblico giovane si accalorava in attesa del prevedibile “rilascio” all’atto di finire in acqua.
“I tagliani”, Dario Collio, p. 149
Un percorso narrativo di rara piacevolezza tra storia e fantasia
E su tutto, a fomentare ataviche paure e alimentare mistero e curiosità, lei, l’Idra, leggendario mostro lacustre dalla forma di serpente con sette teste che ancora oggi si trova raffigurato nello stemma del Comune di Idro.
Il lago cambiava faccia a seconda della paura che avevi. Crescendo lei, diventava più scuro e burrascoso lui, al punto da far sentire i lamenti degli spiriti che lo animavano. Più che sufficiente, a metà del secolo scorso, per non uscire dal proprio mondo.
“I tagliani”, Dario Collio, p. 19
Non tutti i fatti presenti nel volume sono realmente accaduti. A legare la narrazione relativa a quanto accaduto, anche in tempi antecedenti o successivi al periodo richiamato, è la fantasia dell’autore, il quale si è concesso tale libertà nella speranza che il ritorno al leggendario mondo dell’Idra possa aiutare a valorizzare questa meravigliosa terra, sotto e sopra il “Ponte degli Imperiali”.
“I tagliani”, Dario Collio, p. 285
L’autore, nativo di Idro e giornalista in pensione, ha pochissimi ricordi dell’infanzia trascorsa in alta Valle Sabbia, ma è indubbio che con questo libro abbia magistralmente saputo creare interesse nei confronti di un tema molto specifico affastellando aneddoti ed episodi interessanti e coinvolgenti. Partendo, appunto, da un fatto storicamente inappuntabile e costruendo un percorso narrativo di una piacevolezza rara, ricco di sfumature anche laddove il rigore storico lascia spazio alla fantasia.
Titolo: I tagliani – Quadri di vita sotto il “Ponte degli Imperiali” quando in Trentino sbarravano il Chiese e i fantasmi della Bassa rubavano il lago d’Idro
Autore: Dario Collio
Editore: Marco Serra Tarantola Editore, 2022
Genere: Romanzo
Pagine: 287
ISBN: 9788867773428
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