“Radical? Shit!”. Una cronistoria di falliti nella provincia in ombra nell’esordio di Perucci e Fracasso

Recensione di Francesco Buffoli per Brescia si legge

Gaetano Filindi è un uomo solo la cui esistenza scorre monotona, senza emozioni evidenti. Gestisce svogliatamente un robivecchi, ripetendo ogni giorno le stesse identiche azioni insensibile a tutto ciò che gli avviene attorno, fino all’ingresso in scena di un plico di lettere apparentemente insignificanti ma misteriose. Dal contenuto di questo carteggio nasce un piccolo romanzo “arrogante” e intrigante: una sequenza di episodi singolarmente insignificanti, una “cronistoria di falliti”, un “inno alla provincia in ombra, alla solitudine cercata e mal tollerata”.

“Radical? Shit!”, di Diego Perucci e Sandro Fracasso (Scatole Parlanti, 2021 – acquista qui), è un romanzo “novecentesco” ma anche innovativo, ambientato tra il secolo scorso e il presente in provincia (in particolare tra Siena e Brescia), capace di giocare con gli stili per scavare nella psicologia di un uomo qualunque e nel suo smarrimento.

Filindi: un Pinocchio senile molle e gentile

La curiosa vicenda al centro del romanzo – il cui prologo sono un’enigmatica lettera di incarico scritta dal Comandante Glauco Orsi e le brevi note biografiche del signor Gaetano Filindi, scapolo di anni sessantatré, un uomo “molle e gentile”, un “Pinocchio senile” che in tutta la vita si accontenta del ruolo del burocrate – prende forma nei primi giorni del mese di marzo del 2020, e naturalmente la scelta del periodo non è casuale.

Il protagonista è infatti confinato in una sorta di quarantena che pare iniziare molto prima del 9 marzo 2020 (ininterrotta dal secolo scorso) e che diventa un’acuta “distopia della normalità”, ambientata tra la provincia di Siena e la città di Brescia, due luoghi che gli autori conoscono molto bene, come si desume dalle dettagliate descrizioni che ne offrono.

Brescia viene rievocata in diversi momenti, e gli incontri con persone che fanno parte del passato del protagonista sono anche un pretesto per esplorare la storia recente della nostra città. Per i bresciani, in particolare, gli spostamenti di Filindi all’interno del loro perimetro cittadino – tra Piazzale Arnaldo, Via Vittorio Emanuele etc… – spesso accompagnati da una vena nostalgica per una Brescia che fu e che il protagonista stenta a riconoscere, risultano particolarmente vividi e riusciti.

Un mosaico di vicende singolarmente insignificanti

Più dello sviluppo della vicenda, centrale nell’evoluzione del romanzo è però la costruzione dei personaggi e della loro psicologia. Degna di nota anche la capacità degli autori di diversificare lo stile, che ricalca ora quello di un rapporto dei carabinieri, ora quello di un diario, ora quello di un accurato pezzo di cronaca, e di impostare il romanzo in forma epistolare, accumulando lettere, telegrammi, note e diari: una scelta che privilegia e scava nel punto di vista del protagonista (Filindi), senza tuttavia rinunciare a prospettive diverse che consentono di vedere come in parallasse le medesime vicende. Vicende che sembrano insignificanti (nella nota critica si parla di romanzo democristiano), come una pubertà stentata, un corteggiamento che aleggia nell’aria senza tradursi in nulla di concreto, un paio di tradimenti, si stagliano sullo sfondo della grande Storia, fatta di stragi, attentati, anni di terrore, e in vari momenti è come se i due filoni evitassero accuratamente anche solo di sfiorarsi.

Un testo che, pur non avendo lo stesso respiro universale (essendo molto più legato a luoghi specifici), può ricordare – anche per il suo girovagare nel corso dei decenni – la complessa struttura a frattale del celebre “I detective selvaggi” dello scrittore cileno Roberto Bolaño. “Radical? Shit!” è infatti un libro pensato come una sorta di puzzle, al punto che gli stessi autori ritengono che non sia indispensabile leggerlo in modo tradizionale, in quanto il suo folto gruppo di “paragrafi indipendenti e resistenti ad amalgamarsi” funziona anche se lo si sfoglia liberamente, “a balzi”.

Da ultimo, un cenno al titolo: “Radical? Shit!” suona come uno scherzo gustoso ma è anche l’unica concessione alla moda e al linguaggio dei social. Gli autori definiscono infatti il loro “Radical? Shit!” un romanzo novecentesco, ed anche un romanzo “arrogante”, perché questo è il senso del significato del termine (nato per designare l’opposto di “radical chic”). Definizione che calza il testo come un guanto, quantomeno se inteso nella sua capacità di esprimere un’inattualità e un’irriverenza che appaiono come una sorta di salutare pugno nello stomaco letterario.


Titolo: Radical? Shit!
Autori: Diego Perucci, Sandro Fracasso
Editore: Scatole Parlanti, 2021

Genere: Romanzo
Pagine: 110
ISBN: 9788832813722

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Francesco Buffoli

Francesco Buffoli è nato a Chiari (Bs) il 18 dicembre 1982, vive a Brescia da diversi anni ed esercita sin dal 2009 la professione di avvocato. Nutre da sempre una grande passione per la lettura e la scrittura, oltre che per la musica. Tra 2004 e 2008 ha collaborato con il quotidiano Bresciaoggi, scrivendo di sport e di cultura. Dal 2007 è redattore del sito storiadellamusica.it e dal 2013 collabora stabilmente con la nota rivista Rockerilla, per la quale scrive recensioni di libri e di dischi, occupandosi principalmente di jazz e di rock alternativo; negli ultimi mesi ha iniziato a collaborare anche con la webzine Game of Goals, trattando di tematiche che si collocano al confine tra sport e cultura. Ha pubblicato una raccolta di poesie ("AmErica", premiata al festival della microeditoria di Chiari del 2016) e due romanzi ("La messa è infinita" e "Più strano del Paradiso"). La passione per la letteratura è maturata durante gli anni delle superiori, ma è cresciuta esponenzialmente nel periodo immediatamente successivo, quando Francesco ha scoperto la beat generation, il gonzo journalism e la "letteratura rock" di Lester Bangs e compagnia. Sin da allora, Francesco mostra una predilizione per gli scrittori che arrivano dal Nuovo Mondo; i suoi autori preferiti (fatta eccezione per gli europei Albert Camus ed Hermann Hesse) sono i latinoamericani Roberto Bolaño, Pablo Neruda e Gabriel García Márquez, nonché gli americani John Cheever, Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William Carlos Williams, Don DeLillo e David Foster Wallace.

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