“Sei tu il figlio”: uno sguardo inedito sulla dipendenza nel romanzo d’esordio di Emanuele Galesi
Recensione di Roberto Bonzi per Brescia si legge
«Lo osservai dalla porta a vetri. Era immobile nel letto d’ospedale, in una stanza per due persone occupata solo da lui. Non era né sdraiato né seduto. Il viso rivolto verso il basso, le spalle incurvate. Attraverso il vetro della porta in alluminio era impossibile capire dove stesse guardando o addirittura se stesse guardando. La sua testa sembrava una noce appoggiata sopra un fagotto rinsecchito. Ricordava la forma dei manichini da sartoria, quelli snodabili con capo ovale. Non era più umano.»
“Sei tu il figlio”, di Emanuele Galesi, pag. 9
Un padre morente, vittima dell’eroina, e un figlio che lo assiste nei suoi ultimi giorni, dovendo fare i conti con rabbia, delusione e dolore. “Sei tu il figlio” (Piemme 2023 – acquista qui), romanzo d’esordio del bresciano Emanuele Galesi edito da Piemme, trae ispirazione da una storia vera per affrontare il tema della tossicodipendenza da una prospettiva insolita: il punto di vista di un figlio che, fin dall’infanzia, deve convivere con l’idea che suo padre sia “solo un tossico”. In un rapporto da sempre avvelenato dalla dipendenza, il lungo distacco finale è un’occasione per rimeditare il passato, riportando a galla una purezza che sembrava dimenticata.
Giornalista e insegnante di scuola primaria, Galesi è stato tra i collaboratori di “Padania Classics”, un “progetto di ricerca visiva” nato nel 2010 con l’obiettivo di raccontare un territorio che “non esiste nelle mappe ma è definito da azioni politiche ed imprenditoriali”; nel solco di quell’esperienza, ha curato i testi dell’”Atlante dei Classici Padani” (Krisis Publishing, 2015), volume che documenta paesaggi e alienazione del Nord Italia attraverso le fotografie di Filippo Minelli. Con “Sei tu il figlio” ha vinto il primo premio nella sezione “Opere inedite” alla 10a edizione del Premio Angelo Zanibelli.
Il romanzo racconta due vite condizionate dagli effetti della tossicodipendenza con uno stile secco, autentico e mai retorico. Rispetto ad altre storie sul tema, qui la prospettiva si capovolge: non è il genitore a dover affrontare la dipendenza del figlio, ma è il figlio a misurarsi con la lenta autodistruzione del proprio padre.
La scala mobile della tossicodipendenza
«Nella scala dei tossici c’è sempre qualcuno che occupa un gradino inferiore al tuo. Anche se sei sul fondo. Anche se sei da buttare. Sul serio: c’è comunque chi fa più schifo di te. Nessuna posizione, però, è definitiva. Dietro l’angolo c’è un livello ancora più basso da raggiungere, mentre qualcun altro magari risale, si ripulisce, recupera energie. È una scala mobile. Mio padre era un tossico arrivato ormai alla fine della sua carriera, ma non ricordavo di averlo mai visto putrefatto come lo zombie. Forse perché era mio papà? Non ero sicuro di essere obiettivo.»
“Sei tu il figlio”, di Emanuele Galesi, pag. 39
All’inizio degli anni Settanta, l’eroina invade il mercato italiano soppiantando in brevissimo tempo anfetamine e morfina. L’effetto è dirompente. Il padre del protagonista appartiene alla generazione che ne fu travolta. A vent’anni sopravvive alla sua prima overdose, come documenta un quotidiano dell’epoca che suo figlio troverà quasi per caso mettendo ordine tra le sue cose. Quella con la droga è una convivenza che lo accompagnerà per tutta la vita.
Così il 28 maggio 1974 è in Piazza Loggia a manifestare con i compagni di lavoro, senza immaginare che sarà proprio l’impatto dell’eroina a fiaccare la spinta al cambiamento di tanti suoi coetanei. La dipendenza lo porta a trascurare la famiglia ma anche ogni passione, a cominciare dall’alpinismo che pratica ad alti livelli fino a diventare direttore della Scuola del CAI. Per il figlio la parabola autodistruttiva del padre diventa una costante a cui assistere impotente. Ad ogni caduta segue una risalita. Suo padre sembra abbastanza forte da reggere un meccanismo che lo fiacca ma non lo annienta del tutto. La cocciutaggine con cui decide di attraversare un ghiacciaio è la stessa che gli consente di affrontare ogni crisi. La sua capacità di rialzarsi sembra ineluttabile. Fino a quando non viene a mancare del tutto.
Una Brescia neutra ed impersonale
Il romanzo è ambientato a Brescia. La città è riconoscibile da alcuni accadimenti storici e dai riferimenti alla stampa locale. Il contesto urbano è un elemento essenziale per comprendere le dinamiche della tossicodipendenza, ma l’ambientazione è volutamente asettica. Il protagonista si muove in una città che, come mille altre, non ha nessuna empatia per “i tossici” e nemmeno più per le loro famiglie. Certi drammi vengono confinati negli ospedali o negli hospice, lontani dalle cronache e dalla percezione collettiva. Sta ai familiari, ammesso che ci siano, farsi carico di tutto. Il protagonista di “Sei tu il figlio” divide il peso di questa lenta agonia con la sorella Chiara. Il desiderio di entrambi è che il padre si rassegni e finalmente “si lasci andare”.
Alla ricerca di una via di fuga almeno mentale, mentre assiste all’ultimo crollo del padre, il protagonista sogna di realizzare una mostra dedicata a Angelo Negroni, un misterioso pittore che espone i propri quadri in un anonimo locale cittadino. Le ricerche lo portano a scoprire una persona molto diversa da quella che immaginava, lontana da ciò che le sue opere parevano comunicare di lui. La stessa curiosità lo porta a ripensare al passato del padre, scoprendo tra le sue cose articoli di giornale, appunti e oggetti conservati nel corso degli anni che sembrano raccontare una persona diversa da quella che lui era sicuro di ricordare.
Una storia diversa da tutte le altre
«Mi ero figurato diverse volte quella situazione, provando a immaginare come mi sarei comportato. Avrei dato fuori di matto? Avrei fatto una scenata durante il funerale? Sarei scappato sotto la pioggia in un bosco, seminudo e sotto l’effetto di un allucinogeno? No, per il momento tutto tranquillo. Aspettavo solo che arrivasse mia sorella con la brioche. Alle sette entrò nella stanza, accendemmo la luce dell’anticamera per non disturbare il papà.»
“Sei tu il figlio”, di Emanuele Galesi, pag. 238
La diffusione dell’eroina negli anni Settanta e Ottanta in Italia è un fenomeno complesso che ciclicamente torna a far discutere. In tempi recenti la docu-serie “SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano”, prodotta da Netflix, ha riaperto il dibattito, raccontando la storia controversa di Vincenzo Muccioli, fondatore della più grande comunità di recupero sorta in quegli anni. “Sei tu il figlio” ha il merito di adottare un punto di vista differente e diventa, in ultima analisi, un invito a uscire dagli schemi. È una lettura coinvolgente e coraggiosa, perché esplora sentimenti contraddittori con cui, anche da lettori, non è semplice rapportarsi.
Nonostante i luoghi comuni, infatti, non è detto che un percorso di sofferenza debba lasciare per forza di cose un insegnamento. Il protagonista di “Sei tu il figlio” non vuole cancellare la rabbia e la delusione che continua a nutrire nei confronti del padre e non si ostina a cercare un senso a ciò che gli è accaduto. Riesce invece ad accettare che in suo padre, come in ogni altra persona, qualcosa debba rimanere irrisolto. Non si può comprendere tutto, sembra suggerire l’autore, a maggior ragione in una vicenda di tossicodipendenza. La droga annulla le persone, ma non le rende tutte uguali. E così, con “Sei tu il figlio”, Emanuele Galesi racconta innanzitutto la storia di una persona proprio perché, nonostante la droga, non era come tutte le altre.
Titolo: Sei tu il figlio
Autore: Emanuele Galesi
Editore: Piemme
Anno: 2023
Genere: romanzo
Pagine: 256 pp.
ISBN: 978-8856688368
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