Tito Speri: uno sguardo nuovo sulla figura e sull’eredità di un protagonista del Risorgimento nel libro di Enrico Valseriati

Tito Speri sulle epigrafi nella toponomastica, fiero su un basamento che indica le barricate verso il Castello di Brescia; Speri eroe delle Dieci giornate e martire orgoglioso sugli spalti di Belfiore; Tito giovane e irrequieto studente, scaltro antagonista degli austriaci, amante di molte donne e soprattutto della patria promessa.

E ancora la pistola del “leone di Brescia”, i suoi guanti, il suo orologio, le sue pantofole, la sua grafia, le sue reliquie consegnate ai posteri dalle carceri di Mantova; Speri protagonista del discorso museologico sul Risorgimento bresciano e italiano; Tito e il suo testamento, morale e materiale, destinato alle nuove generazioni di patrioti.

Enrico Valseriati, pag. 10, op. Cit.

Il volume “Tito Speri – Storia e oggetti di un cospiratore del Risorgimento” di Enrico Valseriati (edito da Skira per Fondazione Brescia Musei) offre un’insolita prospettiva in cui inquadrare una tra le figure più celebri del Risorgimento italiano. L’intento dell’autore, che ha curato per “Fondazione Brescia Musei” il riallestimento del Museo del Risorgimento di Brescia, è quello di ripercorrere la memoria dell’eroe bresciano nello spazio pubblico, utilizzando anche gli oggetti che gli sono appartenuti e l’iconografia dedicatagli dalla seconda metà dell’Ottocento ai giorni nostri.

Quante volte ci siamo fermati a bere un aperitivo nella Piazzetta alle pendici del Castello, nei tavolini all’aperto sotto l’ombra degli alberi, con uno sguardo distratto a quella statua che rappresenta una strana figura di brigante, con cappellaccio e pistola? Quante volte abbiamo attraversato Piazza della Loggia passando accanto alla Statua della “Bella Italia” oppure abbiamo atteso l’autobus in Piazzetta Martiri di Belfiore, senza forse sapere bene chi rappresentassero le statue e chi fossero i martiri?

Tito Speri nasce a Brescia il 2 agosto 1825: un’epigrafe affissa sulla sua casa natale di Via Moretto 72 lo ricorda. Il suo percorso di studio è interrotto dalla morte del padre, avvenuta nel 1844, e per proseguirlo, dopo aver concluso il biennio ginnasiale, si iscrive al liceo in Seminario. Quell’ambiente però viene presto abbandonato e Tito si trasferisce a Lodi dove rafforza i contatti con i rivoluzionari e inizia la sua attività cospirativa

Nel 1848 in Italia si assiste ad una serie di moti rivoluzionari, tesi a sovvertire i regimi assolutisti. Ricordiamo che in quel periodo la Lombardia faceva parte del regno Lombardo Veneto, amministrato dagli Austriaci, e che le rivolte come le Cinque giornate di Milano del 1848 e le Dieci giornate di Brescia del 1849 posero le basi per la Prima guerra d’indipendenza. 

Tito partecipa alle Dieci giornate di Brescia, in cui si distingue come coordinatore di sortite oltre le mura cittadine e nella difesa di Porta Torlonga, quella che attualmente è Porta Venezia. 

Gli austriaci gli danno la caccia, lui fugge prima a Lugano e poi a Torino, per rientrare a Brescia nel 1850 sfruttando l’amnistia. Ma l’attività cospirativa non viene mai interrotta e, abbandonate le simpatie monarchiche, si avvicina al gruppo dei mazziniani bresciani. 

La polizia austriaca, nell’ambito delle indagini tese a perseguire le attività insurrezionali, entra in possesso di un registro tenuto da Don Enrico Tazzoli in cui sono annotati nomi e spese, tramite il quale viene individuata l’attività svolta da Speri per il Comitato di Mantova. Arrestato, viene portato nelle carceri bresciane e successivamente trasferito in quelle all’interno del Castello di San Giorgio, nel complesso del Palazzo Ducale di Mantova ed in cui sono reclusi altri dissidenti politici lombardo-veneti. A seguito delle pesanti accuse mossegli, Speri viene condannato a morte per alto tradimento. 

Dal “Confortatorio di Mantova”, un testo scritto da Padre Martini – assistente spirituale di Speri nei giorni precedenti l’esecuzione della condanna – veniamo a sapere che Tito si recò al patibolo vestito elegantemente, indossando una camicia bianca di bucato e guanti raffinati. 

Il 3 marzo 1853 viene impiccato insieme con Carlo Montanari e Don Bartolomeo Grazioli nella valletta di Belfiore, una località posta all’ingresso occidentale della città di Mantova, luogo in cui tra il 1852 ed il 1855 furono molte le persone uccise. La sua salma verrà restituita alla famiglia ed alla città solo nel 1867, per essere inizialmente sepolta al Vantiniano, il cimitero monumentale di Brescia, insieme con gli altri caduti bresciani del Risorgimento e delle Dieci giornate e successivamente, durante l’epoca fascista, in una tomba monumentale posta davanti all’ossario dei Caduti della Prima Guerra mondiale.

Il libro rappresenta il primo studio organico volto ad esaminare come la memoria di Tito Speri sia conservata nello spazio pubblico e nei musei cittadini ed italiani. A lui sono stati intitolati sommergibili, scuole, vie, piazze; la sua figura è stata rappresentata in monumenti e medaglioni; il suo ricordo è tramandato in lapidi ed epigrafi sparse in vari luoghi e benchè figura minore rispetto a nomi più conosciuti, come Garibaldi, Mazzini o Cavour, le più diverse ideologie hanno voluto attribuirsi una vicinanza con gli ideali da lui rappresentati. 

Il testo ripercorre il clima successivo all’unificazione dell’Italia, periodo in cui iniziò la monumentalizzazione del Risorgimento. 

A Brescia come in molte altre città italiane, la scelta stessa delle figure storiche da rappresentare plasticamente e da collocare nel tessuto urbano causò accesi contrasti.  Gli scontri ebbero vasta eco sulla stampa periodica bresciana e divisero profondamente l’opinione pubblica, soprattutto relativamente al noto caso della statua dedicata ad Arnaldo da Brescia. Ciò nonostante, l’amministrazione zanardelliana e quelle successive riuscirono nell’intento di definire una nuova topografia urbana, costituita da ambiti monumentali incentrati sulla rappresentazione dei “padri della patria” e sulla riscrittura di alcune parti strategiche della città. Trovarono così spazi -, soprattutto in prossimità delle porte e delle piazze, nonché in Castello – i monumenti ad Arnaldo (1882), a Speri (1888), a Garibaldi (1889), ai caduti delle Dieci Giornate (1897), a Moretto (1898) e infine a Zanardelli stesso (1909). Si posarono inoltre, a partire dal 1878, sedici epigrafi commemorative sulle case del centro storico, anche nell’ottica di rivisitare l’odonomastica cittadina in chiave patriottica.

Enrico Valseriati, pag. 33, op. Cit.

In particolare, il monumento a Tito Speri posto nell’omonima piazzetta non piacque affatto alla città e persino Angelo Canossi, in una sua lirica lo ritenne indegno di rappresentare il patriota bresciano. 

Valseriati esamina accuratamente anche come la figura di Tito Speri sia stata strumentalizzata in prima istanza dal regime fascista – che riconobbe in lui l’uomo d’azione, di umili origini ed esempio morale anche durante la prigionia, fino al supremo sacrificio patriottico – così come altre forze partigiane – sia di orientamento cattolico come le Fiamme Verdi, sia comunista come le Brigate Garibaldi – si siano volute riagganciare agli ideali risorgimentali da lui impersonificati. 

Infine, nel lungo periodo successivo alla Seconda guerra mondiale in cui Brescia venne amministrata dalla giunta democristiana guidata da Bruno Boni ed in base alle direttive di partito che imponevano di “non abbandonare la Resistenza al monopolio socialcomunista, diluendola nella più rassicurante continuità con il patriottismo ottocentesco”, furono moltissime le iniziative pubbliche tese ad appropriarsi degli ideali risorgimentali, riportate accuratamente dall’autore. Tutta la narrazione è molto avvincente e la lettura del testo permette di venire a conoscenza di moltissimi episodi riguardanti la storia dell’eroe e della città, che qui non si svelano per non togliere al lettore il piacere della scoperta.

Il libro è stato pubblicato in occasione della riapertura del Museo del Risorgimento, allestito nei locali del “Grande Miglio” in Castello, a Brescia, avvenuta nel corso del 2023 nell’ambito delle manifestazioni organizzate per “Brescia e Bergamo Capitali italiane della cultura”. 

Il Museo del Risorgimento di Brescia ha avuto una vita molto travagliata con frequenti alternarsi di aperture e chiusure e le sue collezioni sono state oggetto di svariati traslochi. Finalmente, a seguito dell’assegnazione al Comune di Brescia di un finanziamento elargito da Fondazione Cariplo, nel 2020 si è potuta riqualificare l’area del “Piccolo e del Grande Miglio” e riaprire dunque il Museo. 

Il Comitato scientifico si è posto una serie di quesiti, soprattutto finalizzati ad individuare il pubblico cui rivolgersi. La scelta sottesa all’allestimento museale è stata quella di evitare l’accumulo di oggetti per privilegiare invece il racconto illustrato da pochi pezzi ma particolarmente suggestivi. Scarse sono le sue “reliquie”, ma ampio spazio è stato dedicato alla sua figura, alla sua vita ed all’importanza che ancora oggi gli viene riconosciuta.


Titolo: Tito Speri – Storia e oggetti di un cospiratore del Risorgimento
Autrice: Enrico Valseriati
Editore: Skira, 2024

Genere: Saggio storico
Pagine: 151
ISBN: 9788857252551

Candida Bertoli

È laureata in Giurisprudenza e dottore di ricerca in diritto amministrativo comparato: la tesi di dottorato, sulla protezione dei beni culturali, è depositata all’Unesco, a Parigi. Adora leggere fin da quando era bambina e le sue passioni sono l’arte e la storia. Per anni ha gestito i volontari del FAI sia a livello cittadino che regionale e ama raccontare Brescia. La sua casa è piena di libri, in ogni spazio possibile e di ogni genere. Partecipa al Festival della Letteratura di Mantova da sempre, e nel 2019 le è stato conferito il premio di “Massimo esperto della storia del Festival”

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